09-10-2017, 23:09
Perdonate le precisazioni, non sono un esercizio di saccente dialettica, ma avere chiare le cose facilita la vita a bordo e serve a capirsi meglio.
Il Cunningham, come giustamente ha osservato Bullo, è un occhiello poco sopra a quello del punto di mura della randa (propriamente Cunningham hole) , nel quale si inserisce un doppino di cavo che fa testa a un paranchino fissato sotto il boma o in coperta, e serve per ridurre il grasso della randa: usato in contrasto alla drizza tende la ralinga dell’inferitura e appiattisce un po’ la vela.
Questo quando il boma non ha alla trozza una corta rotaia e non c'è il caricabasso, che abbassando direttamente il boma fa la stessa funzione.
Quello a cui ci si riferisce sopra, è l'alabasso, che è una manovra (un cavo) fissato a qualcosa da "tirare giù".
Anticamente era molto in uso sulle rande inferite con i canestrelli che si incatastavano spesso e quello era l'unico modo per ammainare senza mandare un uomo a riva.
Ora, sulle rande Marconi dei nostri tempi, se sono riottose, si può usare un alabasso per ammainare e anche per prendere i terzaroli; funziona, ma è un impiccio in più, da rimandare in pozzetto e da lì manovrare, perché se c'è già un uomo all'albero la randa la tira giù facilmente a mano quel tanto che basta.
L'alabasso può servire su rande piccole, vecchie e capricciose, per ammainare.
Se alla presa di terzaroli con le manovre rimandate in pozzetto, la randa non scende, c'è qualcosa che non va in tutto il circuito, perché già la borosa è una qual sorta di alabasso e aiuta.
Altra cosa è l’occhiello poco sopra la bugna per la “manina” che ha la funzione di alzare la varea del boma affinché non vada a fare il bagno con mare formato.
Personalmente credo che ammainare mollando tutto e facendo precipitare la randa, anche in presenza di un bag e dei lazy, non è una gran manovra perché tutto ciò che precipita non è controllabile, e la cosa corretta sarebbe filare la drizza, anche velocemente, ma mantenendone il controllo.
In più, ammainare in poppa piena, magari con vento vivace, ammettendo anche di riuscirci, non è un bel trattamento per la tela che striscia sulle sartie e può inciampare nelle crocette, se ci sono i lazy li sottopone a uno sforzo per il quale non sono stati pensati, ed è possibile che la vela si gonfi a sacco e sforzando carrelli e cursori in maniera ortogonale che non è il massimo. Al traverso non è molto differente.
Se ammainando al vento con la randa libera da forte pressione, la vela non viene giù con una certa facilità, anche in questo caso c’è qualcosa che non va: le ragioni sono, come le soluzioni, abbastanza semplici.
La rotaia con i carrelli è una buona soluzione, costosa e un po’ complicata da realizzare se c’è la canalina; ragionevole e semplice la soluzione di RMV2605D di alternare.
Però, prima di dannarmi l’anima e il portafoglio, io pulirei spesso e bene la canalina ingrassandola (per esempio con vaselina bianca), sostituirei i cursori usurati, anche poco, mettendone di nuovi, e prima ne smusserei un po’ il profilo in alto e in basso da entrambe le facce: poca roba, giusto perché non s’incastrino subito se scendono storti (scendono sempre storti); poi se sono molto distanziati dalla ralinga, perché la fettuccia che li tiene è lunga, penserei a ridurre la distanza tenendoli più vicini.
Per pulire la canalina, si prendono un paio di cursori legati tra di loro e armati con drizza e alabasso, ci si mette in mezzo una spugnetta e si lava più volte mandandoli su e giù (il salmastro è come le preghiere, salgono entrambi in alto), fatto ciò si mette uno straccetto sopra, sotto e in mezzo ai cursori, si impregna di vaselina e si ingrassa la canalina mandandolo su e giù.
Se invece è proprio la canalina usurata e ruvida all’interno perché molto vecchia, non vedo altra soluzione che la rotaia.
Da ultimo, mi è capitato di trovare cursori non della giusta misura e forma che non correvano, tutto risolto mettendone di giusti.
Questo secondo la mia esperienza, ogni altra idea collaudata è valida.
Il Cunningham, come giustamente ha osservato Bullo, è un occhiello poco sopra a quello del punto di mura della randa (propriamente Cunningham hole) , nel quale si inserisce un doppino di cavo che fa testa a un paranchino fissato sotto il boma o in coperta, e serve per ridurre il grasso della randa: usato in contrasto alla drizza tende la ralinga dell’inferitura e appiattisce un po’ la vela.
Questo quando il boma non ha alla trozza una corta rotaia e non c'è il caricabasso, che abbassando direttamente il boma fa la stessa funzione.
Quello a cui ci si riferisce sopra, è l'alabasso, che è una manovra (un cavo) fissato a qualcosa da "tirare giù".
Anticamente era molto in uso sulle rande inferite con i canestrelli che si incatastavano spesso e quello era l'unico modo per ammainare senza mandare un uomo a riva.
Ora, sulle rande Marconi dei nostri tempi, se sono riottose, si può usare un alabasso per ammainare e anche per prendere i terzaroli; funziona, ma è un impiccio in più, da rimandare in pozzetto e da lì manovrare, perché se c'è già un uomo all'albero la randa la tira giù facilmente a mano quel tanto che basta.
L'alabasso può servire su rande piccole, vecchie e capricciose, per ammainare.
Se alla presa di terzaroli con le manovre rimandate in pozzetto, la randa non scende, c'è qualcosa che non va in tutto il circuito, perché già la borosa è una qual sorta di alabasso e aiuta.
Altra cosa è l’occhiello poco sopra la bugna per la “manina” che ha la funzione di alzare la varea del boma affinché non vada a fare il bagno con mare formato.
Personalmente credo che ammainare mollando tutto e facendo precipitare la randa, anche in presenza di un bag e dei lazy, non è una gran manovra perché tutto ciò che precipita non è controllabile, e la cosa corretta sarebbe filare la drizza, anche velocemente, ma mantenendone il controllo.
In più, ammainare in poppa piena, magari con vento vivace, ammettendo anche di riuscirci, non è un bel trattamento per la tela che striscia sulle sartie e può inciampare nelle crocette, se ci sono i lazy li sottopone a uno sforzo per il quale non sono stati pensati, ed è possibile che la vela si gonfi a sacco e sforzando carrelli e cursori in maniera ortogonale che non è il massimo. Al traverso non è molto differente.
Se ammainando al vento con la randa libera da forte pressione, la vela non viene giù con una certa facilità, anche in questo caso c’è qualcosa che non va: le ragioni sono, come le soluzioni, abbastanza semplici.
La rotaia con i carrelli è una buona soluzione, costosa e un po’ complicata da realizzare se c’è la canalina; ragionevole e semplice la soluzione di RMV2605D di alternare.
Però, prima di dannarmi l’anima e il portafoglio, io pulirei spesso e bene la canalina ingrassandola (per esempio con vaselina bianca), sostituirei i cursori usurati, anche poco, mettendone di nuovi, e prima ne smusserei un po’ il profilo in alto e in basso da entrambe le facce: poca roba, giusto perché non s’incastrino subito se scendono storti (scendono sempre storti); poi se sono molto distanziati dalla ralinga, perché la fettuccia che li tiene è lunga, penserei a ridurre la distanza tenendoli più vicini.
Per pulire la canalina, si prendono un paio di cursori legati tra di loro e armati con drizza e alabasso, ci si mette in mezzo una spugnetta e si lava più volte mandandoli su e giù (il salmastro è come le preghiere, salgono entrambi in alto), fatto ciò si mette uno straccetto sopra, sotto e in mezzo ai cursori, si impregna di vaselina e si ingrassa la canalina mandandolo su e giù.
Se invece è proprio la canalina usurata e ruvida all’interno perché molto vecchia, non vedo altra soluzione che la rotaia.
Da ultimo, mi è capitato di trovare cursori non della giusta misura e forma che non correvano, tutto risolto mettendone di giusti.
Questo secondo la mia esperienza, ogni altra idea collaudata è valida.