una vecchia cosa scritta tanto tempo fa, magari l'hai già vista
i grafici dopo
Morbihan, il golfo dove si entra in retromarcia.
In bretone, mor significa mare, e bihan piccolo. Il golfo del Morbihan, il piccolo mare del sud della Bretagna, è una vasta ed articolata insenatura che si spinge per una decina di miglia all’interno della terra, coprendo una superficie di un centinaio di chilometri quadrati.Un dedalo formato da circa trecento isole, con promontori, baie, insenature e canali dove il ritmo delle maree genera correnti fra le più forti di Europa.
Per entrare nel golfo bisogna prendere lo stretto passaggio fra Port Navalo e Locmariaquer, poche centinaia di metri di larghezza attraverso i quali il golfo si riempie e si svuota ogni sei ore circa, e dove l’intensità della corrente rende indispensabile pianificare esattamente l’ora del passaggio. Gli anglosassoni chiamano questo tipo di barriere naturali alla navigazione “tidal gates”, porte, cancelli di marea, perché appunto è indispensabile affrontare tali passaggi quando la porta è aperta, quando cioè la corrente è favorevole o si trova in stanca, altrimenti per una barca a vela è praticamente impossibile avanzare.
Ci avviciniamo all’entrata del golfo dopo aver attraversato la baia di Quiberon. Brancaleone fa rotta su Port Navalo, il paesino sul braccio orientale dello stretto che indica l’ingresso nel golfo del Morbihan. Sono passate tre ore dalla bassa marea, ci troviamo in fase ascendente quindi l’acqua dell’oceano si precipita velocemente attraverso lo stretto per riempire il golfo; l’ampiezza di marea è abbastanza forte, attorno a quattro metri, le tavole delle correnti di marea prevedono una velocità di marea nell’ingresso attorno ai cinque nodi. La brezza è stabile, una quindicina di nodi attorno a nord ovest. Ciò significa che entreremo di bolina larga, quasi traverso, l’ideale per passare in velocità.
Riduciamo un po’ il genoa, il passaggio è davvero stretto edf è meglio avere un po’ più di visibilità. La barca continua comunque a procedere veloce, appena sbandata, il log oscilla attorno ai sette nodi a seconda delle raffiche provenienti dal lasco a sinistra. Una delizia. Ci portiamo sull’allineamento di entrata indicato dalla carta, fra una piramide bianca su una piccola isola all’ingresso del golfo e il campanile di una chiesetta dell’entroterra.
La sicurezza in un bacino costellato di scogli con correnti molto violente significa essenzialmente fare del pilotaggio a vista: allineamenti di sicurezza, osservazione della superficie dell’acqua per stimare direzione e intensità della corrente, analisi costante del comportamento della barca –a volte per compensare una corrente al traverso bisogna correggere la rotta anche di 40-50 gradi, non c’è assolutamente tempo per riportare il punto sulla carta o fare calcoli, anche un gps cartografico sarebbe praticamente inutile: le condizioni cambiano cosi’ rapidamente che solo il controllo visivo permette di (credere di) stare in sicurezza..
Cominciamo ad orzare, cazziamo leggermente le vele e ci mettiamo nell’asse del canale. Subito la prima difficoltà: i traghetti. Port Navalo ad est e la punta ad ovest sono separate appena da qualche centinaia di metri in linea d’aria, mentre distano diverse decine di chilometri se si prende la strada perimetrale al golfo. I traghetti effettuano il collegamento in qualche minuto, per cui sono molto frequenti. Oltre ad essere frequenti, non sembra si preoccupino più di tanto delle barche a vela, è meglio prestare la massima attenzione.Il vento rinforza ancora e rifiuta: poggiamo, orziamo un po’ fino a trovare un buco nella fila dei traghetti, passiamo di poppa ad uno e a qualche decina di metri dalla prua di un altro, un brivido ma via, ce li siamo lasciati dietro senza allontanarci troppo dall’allineamento.
Ricontrollo il log: sette nodi, verifico la velocità sul gps: undici nodi. La corrente ci ha presi e ci sta trasportando a tutta velocità con sé dentro al golfo.
Correnti con velocità così elevate hanno diversi effetti sulla navigazione, primo fra tutti evidentemente la variazione della velocità e della direzione rispetto al fondo. Ma per le barche a vela ce n’è un altro: l’aumento e rifiuto del vento apparente: navigando a undici dodici nodi rispetto al fondo, il vento apparente si sposta verso prua e aumenta notevolmente di velocità. Partiti quasi al traverso, ci troviamo adesso a dover bolinare belli stretti. La corrente opposta al vento solleva un po’ di mare, ma sono onde quasi stazionarie e con qualche sballottolamento riusciamo comunque a procedere. La velocità della barca è impressionante, soprattutto prendendo dei riferimenti a terra: le case, gli alberi, il profilo della costa scorrono verso poppa ad una rapidità incredibile, sembra di essere su un fiume in piena.
Ci portiamo un po’ più verso il centro, per scapolare gli scogli del Mouton e del Faucheur, il primo dipinto di bianco, il secondo segnalato da una pertica verde. Sono i due pericoli principali del golfo, perché la corrente porta proprio contro di essi, bisogna passare assolutamente a distanza di sicurezza. Guardo il gps: la velocità aumenta ancora: undici e mezzo, dodici, dodici e mezzo, una punta a tredici nodi. Un’impressione surreale: siamo in bolina, mare quasi piatto, e andiamo a più di dodici nodi. Ma se da un lato è emozionante, la navigazione in tali condizioni richiede un’attenzione costante. Influenzato dalla velocità sul fondo, il vento apparente ha continuato a ruotare verso prua, e pur stringendo al massimo ho un po’ paura di passare troppo vicino ai due scogli.
Mi viene allora in mente un’astuzia utilizzata durante una delle prime navigate nel golfo e che fa taaaaanto figo: entrare all’indietro.Pronti a virare ? Viriamo, e continuiamo poi a poggiare fino a portare la prua in direzione opposta, verso l’uscita del golfo, esattamente da dove provenivamo. L’effetto è immediato: la barca ha mure a dritta al lasco, rispetto a prima il vento apparente è molto ridotto e consente di tenere attorno ai tre, quattro nodi di velocità sull’acqua. Nello stesso tempo, magia della corrente, il gps indica che andiamo a due, tre nodi… all’indietro, continuiamo a procedere verso l’interno del golfo. Abbiamo modificato la rotta di 180 gradi, stiamo entrando nel golfo... in retromarcia. L’andatura larga ora ci permette di orzare o poggiare con molta più facilità, per cui basta poco per spostarsi verso nord, a sufficiente distanza dai sassi. La velocità sul fondo inoltre si riduce notevolmente, appena il tempo della virata e abbiamo perso una decina di nodi, ora si ha tutto il tempo di concentrarsi sul pilotaggio, seguire la propria posizione e ricontrollare per l’ennesima volta i punti cospicui, anche se tutto è alla rovescia.
Altro momento surreale: andiamo avanti se guardiamo l’acqua, ma guardando la costa si vede chiaramente che stiamo andando all’indietro. Rimaniamo tutti un po’ a bocca aperta, fino a quando non sento un grido venire da dietro. Mi giro e vedo un signore su una minuscola barchina a motore che gesticola, in effetti gli stiamo andando addosso. A forza di essere abituati a guardare avanti, ci eravamo un po’ dimenticati di seguire quello che succedeva a poppa: come andare in retromarcia in macchina senza guardare dallo specchietto.Le zone di maggior corrente del golfo sono famose per i branzini, vi si incontrano spesso piccole barche all’ancora, o semplicemente alla deriva, con canne e lenze. Leggera modifica di rotta e anche il vecchietto può tornare tranquillamente a pescare. Abbiamo finalmente scapolato il Mouton e il Faucheur. Ci avviciniamo allo stretto fra l’isola Lunga, l’isolotto Gavrinis e l’isola Berder a sinistra, e il braccio di costa rientrante a tribordo. Assieme al Capo de La Hague (l’estremità nord est della penisola del Cotentin, sulla Manica) è il punto dove si hanno le più forti correnti di marea di tutta l’Europa.
Per una marea come quella odierna, ci aspettiamo otto nove nodi. Con marea discendente, la velocità può oltrepassare i dieci nodi. Siccome la rotta diventa più orientata a nord est, decidiamo di riportare la barca con la prua… in avanti, con un vento reale da NW la direzione dell’apparente dovrebbe spostarsi decisamente verso poppa. Poggiamo abbastanza rapidamente fino a strambare, per poi terminare il giro di 180 gradi ed essere sulla stessa rotta della corrente, che adesso porta a NE. L’accelerazione è impressionante, ancora una volta il gps ci mostra una velocità fondo in rapido aumento: cinque sei sette otto… tredici, quattordici nodi in qualche secondo, la costa è abbastanza stretta e l’impressione di velocità è vivissima.Laschiamo tutto, il vento è al lasco sinistro, la sua intensità apparente abbastanza ridotta. La corrente scorre parallela alla costa, per cui ci sentiamo molto più tranquilli, ci godiamo quest’andatura da …motoscafo silenzioso, con il vecchio Branca che continua a collezionare record di velocità.Passati al di là del canale, la corrente si riduce a “soli” tre nodi, cerchiamo una zona protetta dove poter ancorare. La corrente si insinua fra le molte isole del golfo, gira loro attorno, forma delle controcorrenti, delle zone di stanca, in poche centinaia di metri tutto cambia: troviamo un punto a est dell’isola Berder riparato dal vento e con poca corrente, diamo fondo, la barca si tranquillizza, e un po’ anche noi.
Qualche pescatore qua e là, gabbiani e cormorani sulla striscia di poca spiaggia lasciata libera dalla marea montante, l’odore delle alghe portato a bordo dall’aria frizzante, i pini sulle isole, i fiumi marini creati dalla corrente che ogni sei ore invertono la loro direzione.
Sensazioni bretoni.