07-12-2010, 23:54
Chiedo chiarimenti ai velisti esperti del forum per capire quanto descritto da Manfred Marktel, navigatore solitario oceanico, in un suo articolo apparso su Solo Vela del 2007
(e che ho letto qui: http://www.manfredmarktel.it/index_file/...pesta.pdf)
Marktel descrive il modo con cui con la sua barca, un Van de Stadt di 11 mt in acciaio armato a cutter, ha affrontato una tempesta nei mari del Sud con venti forza 11 e onde di oltre 10 metri.
Fiocco da tempesta cazzato a ferro e barra tutta all'orza.
Queste le parole di Merktel:
'Impossibile descrivere lo spettacolo,
grandioso e pauroso, che si presentava agli occhi. Ho visto e fotografato
frangenti lunghi 200 m, chiazze di schiuma grandi come
un campo da pallone, altezza delle onde che non si vorrebbe
vedere né augurare ai peggiori nemici, ben oltre i 10 metri.
In quel contesto, seguire una tattica descritta nei manuali di
navigazione era per me impossibile: l’Antartico con i suoi ghiacciai,
iceberg e grawler era sottovento, e pertanto scappare a
sei o sette nodi, come facevano i grandi navigatori, non era
proprio raccomandabile. Mettermi alla cappa secca era pericoloso,
perché rischiavo di farmi travolgere dalle onde che sarebbero
arrivate al traverso; rischiavo anche di scarrocciare più velocemente
degli eventuali iceberg alla deriva, andando incontro
così ad una collisione con ghiaccio duro come l’acciaio. Issare
un pezzettino di randa, non era possibile, ci sarebbe voluto una
quarta mano oppure la randa svedese, avrei migliorato l’angolo
al vento, ma mi sarei esposto al mare di traverso. Mettere in
mare l’ancora galleggiante, mi avrebbe frenato troppo, e avrei
adottato la misura solo come azione in extremis, e solo se la
costa sottovento si fosse avvicinata troppo velocemente. Il mio
timore infatti, riducendo troppo la velocità, era di fare la capriola
come accaduto ad altri navigatori.
Nel mio caso, seguendo l’istinto e l’esperienza, ho fatto l’unica
cosa che ritenevo giusta: barra tutta all’orza e fiocco da tempesta
cazzato a ferro: toccava alla barca sbrigarsela da sola. In
questo modo avanzavo lentamente con il vento al giardinetto
con prua 135° rispetto alla sua direzione. Si trattava in realtà
di una deriva verso sud che mi ha fatto perdere un centinaio di
miglia in quasi 48 ore. Salvando però la barca e la pelle.
Visto a posteriori, e considerando le mie condizioni, non posso
criticarmi: avevo ridotto le probabilità di essere sommerso da
qualche onda più cattiva di altre riducendo al minimo il rischio
di rovesciarmi e di causare danni seri.'
La mia domanda è: Qual'è il comportamento di una barca con 'Fiocco cazzato a ferro e barra tutta all'orza'?
Non viene al traverso beccandosi poi il vento sul fiocco (grande sbandamento) per ritornate alla poggia per l'azione sulla vela di prua?
Chiedo lumi agli esperti.
Aloha
Marcello
(e che ho letto qui: http://www.manfredmarktel.it/index_file/...pesta.pdf)
Marktel descrive il modo con cui con la sua barca, un Van de Stadt di 11 mt in acciaio armato a cutter, ha affrontato una tempesta nei mari del Sud con venti forza 11 e onde di oltre 10 metri.
Fiocco da tempesta cazzato a ferro e barra tutta all'orza.
Queste le parole di Merktel:
'Impossibile descrivere lo spettacolo,
grandioso e pauroso, che si presentava agli occhi. Ho visto e fotografato
frangenti lunghi 200 m, chiazze di schiuma grandi come
un campo da pallone, altezza delle onde che non si vorrebbe
vedere né augurare ai peggiori nemici, ben oltre i 10 metri.
In quel contesto, seguire una tattica descritta nei manuali di
navigazione era per me impossibile: l’Antartico con i suoi ghiacciai,
iceberg e grawler era sottovento, e pertanto scappare a
sei o sette nodi, come facevano i grandi navigatori, non era
proprio raccomandabile. Mettermi alla cappa secca era pericoloso,
perché rischiavo di farmi travolgere dalle onde che sarebbero
arrivate al traverso; rischiavo anche di scarrocciare più velocemente
degli eventuali iceberg alla deriva, andando incontro
così ad una collisione con ghiaccio duro come l’acciaio. Issare
un pezzettino di randa, non era possibile, ci sarebbe voluto una
quarta mano oppure la randa svedese, avrei migliorato l’angolo
al vento, ma mi sarei esposto al mare di traverso. Mettere in
mare l’ancora galleggiante, mi avrebbe frenato troppo, e avrei
adottato la misura solo come azione in extremis, e solo se la
costa sottovento si fosse avvicinata troppo velocemente. Il mio
timore infatti, riducendo troppo la velocità, era di fare la capriola
come accaduto ad altri navigatori.
Nel mio caso, seguendo l’istinto e l’esperienza, ho fatto l’unica
cosa che ritenevo giusta: barra tutta all’orza e fiocco da tempesta
cazzato a ferro: toccava alla barca sbrigarsela da sola. In
questo modo avanzavo lentamente con il vento al giardinetto
con prua 135° rispetto alla sua direzione. Si trattava in realtà
di una deriva verso sud che mi ha fatto perdere un centinaio di
miglia in quasi 48 ore. Salvando però la barca e la pelle.
Visto a posteriori, e considerando le mie condizioni, non posso
criticarmi: avevo ridotto le probabilità di essere sommerso da
qualche onda più cattiva di altre riducendo al minimo il rischio
di rovesciarmi e di causare danni seri.'
La mia domanda è: Qual'è il comportamento di una barca con 'Fiocco cazzato a ferro e barra tutta all'orza'?
Non viene al traverso beccandosi poi il vento sul fiocco (grande sbandamento) per ritornate alla poggia per l'azione sulla vela di prua?
Chiedo lumi agli esperti.
Aloha
Marcello