Mi fischiavano le orecchie.....infatti ero stato nominato
Un piccolo inciso: credo che Danilo Fabbroni dopo la pesciata in faccia che gli è stata tirata qui sul forum possa essere definito
ex adv
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Poi: la complessità del discorso risulta immediatamente dal fatto che il titolo
'carichi di lavoro sulle vele' non corrisponda poi alla domanda
'in che percentuale la spinta sulla vela viene distribuita su penna, mura e bugna'
In linea di massima mi sembra sia chiaro che le forze aerodinamiche generate dal vento sulle vele (spinta) siano correlate anche se non direttamente ai carichi di lavoro sulle vele stesse.
Ma, come hanno già fatto notare rob e tiger, geometria e forma della vela possono cambiare radicalmente il rapporto tra le intensità delle forze.
In linea di massima, per semplificare, la vela (floscia) si comporta come un amaca che deve sopportare il peso di un uomo di 100 kg.
Se si sdraia nel centro, la forza peso di 100 kg si suddivide in due reazioni verticali di 50 kg sui vincoli, ovvero gli alberelli.
Se l'amaca è floscia, la proiezione di questi 50 kg sulle funi pressochè verticali darà un vettore di grandezza simile ai 50 kg.
Ma, se l'omone ha mal di schiena e vorrà tendere l'amaca, pur rimanendo invariati i vettori verticali da 50 kg, se li proietteremo sulle funi di vincolo, otterremo dei vettori sempre più importanti, tendenti ad infinito mano a mano che si vorrà tenere l'amaca in linea retta (finchè si romperà la fune o cadranno gli alberi, ma sempre con gli stessi 100 kg).
Un piccolo inciso: qui si capisce il grosso handicap della vela floscia rispetto a quella rigida: nella prima i carichi sulla scotta (e sulla drizza) nella regolazione comprendono quelli necessari a tenere in forma la balumina, nella seconda sono sufficienti solo quelli atti a contrastare la spinta aerodinamica. Morale: per cazzare la randa di oracle era sufficiente un paranco manuale 4:1, per cazzare quella di Alinghi serviva invece un pistone da decine di tonnellate e per movimentare il carrello due winches idraulici....
Tornando a noi: i carichi si possono conoscere solo conoscendo la geometria della vela, la forma che deve assumere e le forze aerodinamiche che si applicano.
Attualmente c'è stato un grosso sviluppo dei software di calcolo (dunque anche noi ne abbiamo uno) connessi al fatto che ora le vele vengono realizzate con le fibre 'customizzate' e dunque per sapere come e quante disporne non è più sufficiente l'indicazione di massima che bastava invece quando le vele erano fatte tutte con lo stesso materiale ed i DPI di fibra erano calcolati nel punto generalmente più sollecitato fuori dai rinforzi (al 10 % della balumina sopra il punto di scotta).
Questo software ha due 'rami': uno calcola le forze aerodinamiche della vela in base alla sua forma (che pesca direttamente dal software di progetto) ed alla sua regolazione e ne da le proiezioni sugli assi che interessano per valutarne l'efficienza (usualmente a 0 e 90° rispetto alla barca od alla rotta se si inserisce anche lo scarroccio). Il secondo invece calcola le tensioni sul materiale per poterlo definire e/o le deformazioni della vela quando sia stato definito il materiale.
Da ciò che mi dice normalmente il software: la suddivisione in percentuale dei carichi dipende molto dal rapporto di allungamento delle vele: le percentuali 40 scotta/35 penna/25 mura sono generalmente valide sui genoa e sulle rande poco allungate, mentre sui jib e sulle rande molto allungate la penna arriva quasi ai carichi della scotta, alleggerendo il carico della mura.
E' ovvio che poi se uno con poco vento tira a bestia la drizza i rapporti cambiano e penna e mura possono superare il carico della scotta
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I carichi sono un'oppppinione....
Ciao