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Versione completa: Mezzi scafi
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Citazione:tommaso61 ha scritto:
Grazie per la precisazione....
Dovevo pur rispondere...
Anche se si tratta di opere d'arte
vendibilissime dagli autori, non è sicuramente questa
la sezione....
Oddio,come opere d' arte non ce le vedo proprio....xo' .... Big GrinWink
Ps x la cronaca, sulla discussione precedente io ho cancellato il mio sitoSmile
Citazione:tommaso61 ha scritto:
Grazie per la precisazione....
Dovevo pur rispondere...
Anche se si tratta di opere d'arte
vendibilissime dagli autori, non è sicuramente questa
la sezione....
Big Grin
Buonasera a tutti.
Andiamo avanti con i mezzi scafi accennando alle origini.
Nell'antichità non esisteva né il disegno navale né la modellistica.
L'arte navale non era scritta e l'esperienza si tramandava oralmente da generazione a generazione di costruttori navali.
La forma dello scafo era pertanto solamente frutto di esperienze ed empirismi. Si ha notizia, ad esempio, che in Spagna e Portogallo esisteva la regola del 'tres, dos y as' che letteralmente significa 'tre, due e uno'. Queste non erano altro che i rapporti tra la lunghezza, larghezza ed altezza dello scafo che si voleva costruire.
Una volta stabilita anche la geometria dell'ordinata maestra, tutta la forma dello scafo veniva individuata tramite l'avviamento di 'forme' (listelli avviati da prua a poppa).
Con tale metodo si costruivano le caravelle, le caracche e, più avanti, anche i galeoni.
Col tempo però nasceva l'esigenza di individuare metodologie che aiutassero a dare forma alle carene. Nascevano quindi i primi metodi detti 'di riduzione' che servivano, partendo dall'ordinata maestra, a dare forma a numerose altre ordinate poste a poppavia e proravia della stessa.
Un metodo, peraltro arrivato a giorni nostri ed utilizzato ancora da alcuni piccoli cantieri artigiani, è quello detto del 'mezzo garbo'.
Il mezzo gar

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Questo contenuto non e' visualizzabile da te Ospite. Se vuoi vederlo, REGISTRATI QUI . bo è costituito da una semiordinata riportante in alcune sue parti delle tacche numerate che servono proprio a dare forma all'ossatura posta a proravia e poppavia della maestra. In genere non si arriva alle estremità, essendo necessario per formarle, ancora il ricorso all'avviamento delle forme.
Allego un paio di disegni che rendono bene l'idea e.... mi fermo qui per il momento.
Leggere che si conosce come le forme delle barche minori si è tramandata mi riempie sempre di speranza. Forse non siamo fatti per viver come bruti ma per conoscer virtude e cagnoscenza.

Il mezzo garbo è detto anche Sesto di San Giuseppe: nel periodo in cui compravo qualsiasi libro parlasse del naviglio minore in tutte le lingue e formati entrai in un libreria universitaria di Cagliari dove per fortuna non mi fermai all'affermazione della commessa che non avevano libri sul disegno delle barche ma andai al reparto sconsolato come sempre quando devo prendere atto che, pur trovandomi in una città di mare, è più facile ci si ricordi del nome dello stadio di calcio che non dell'imbarcazione tipica con la quale si va ancora a pesca sotto costa.

Mi trovai tra le mani un libretto stampato recentemente che prometteva bene: al centro otto tavole di barche minori. Speronara provenzale, Barca pilota di Marsiglia, Rafiau o Pointu, Gozzo e Barchetto Provenzale, Betta di Martigues e Cette, Tartana, Paranza provenzale e Barca Catalana. Di sicuro il RURIK non apparteneva a nessuna di queste categorie: i disegni erano datati tra la fine del 1700 e la fine del 1800.

Rimaneva il fatto che quello che secondo la commessa non dovevo trovare era una ristampa di un testo del 1897 nel quale l'ingegnere Vence riporta le note costruttive delle barche del mediterraneo censite per dimensioni e che ne definiva di conseguenza le sezioni e caratteristiche costruttive. Da li in avanti la collezione oggi include il Dixon e testi di barche da lavoro dell'Europa d'inizio 1900.

Ho avuto l'ardire di farmi spiegare da Mastri d'Ascia di oltre ottant'anni che cosa ottenevano dal mezzo scafo: era fatto di sezioni longitudinali (orizzontali rispetto al piano di coperta) altre meno di un centimetro. La mano erano gli occhi ed il calcolatore del progetto. Una volta le forme soddisfacevano con la capacità percettiva il mezzo veniva separato nelle sezioni orizzontali e misurato.
Il resto lo faceva l'esperienza.
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Ciao Riccardo.
Erano vari i metodi di riduzione fino alla fine del XVIII secolo.
Tra questi possiamo annoverare il metodo della mezzaluna, della luna piena,
della brusca, di San Giuseppe (patrono dei costruttori navali).
Effettivamente il mezzo garbo è quasi uguale alla sesta del metodo di
San Giuseppe, anche se alcuni autori tendono a differenziarli ('Navi di legno'
di Mario Marzari - Grado 1997).
Ma posso pensare che le due seste possano venire tranquillamente confuse.
E' giustissimo ciò che hai anticipato sui mezzi scafi, anche se esistono rarissimi
esempi (che non fanno altro che confermare la regola generale) di mezzi scafi con sezioni
longitudinali verticali, addirittura trasversali o non sezionati affatto.
Mi è sembrato di capire che hai parecchio 'materiale' sulla marineria tradizionale...
Ti chiederei, se possibile ed in tuo possesso, del materiale sull'evoluzione del disegno navale....
Tommaso.
Citazione:tommaso61 ha scritto:
Ciao Riccardo.
...
Ti chiederei, se possibile ed in tuo possesso, del materiale sull'evoluzione del disegno navale....
Tommaso.
Tipo il trattato navale Architectura Navalis Mercatoria sottotitolo The Classic of Eighteenth-Century Naval Architecture Progetti di Fredrik Henrik AF Chapman oppure Marine The Vessel sottotitolo Genius and Naval Architecture of XVIII century ... copia del precedente ma con XX pagine introduttive: in più disegni di America, del Britania ...
Tu chiedi io cerco Cool
Ciao Riccardo.
Grazie della disponibilità.
Cerco soprattutto documenti sull'evoluzione del disegno
navale ed i suoi riflessi sulla modellistica e sui mezzi scafi.
Sono già in possesso di alcuni scritti americani ma ....
allargo la ricerca.
Quello che chiedo è molto particolare ma...non si sa mai.
Un saluto.-
Salve a tutti.
Andiamo avanti con i mezzi scafi.
Oltre alle metodologie costruttive prima descritte, verso
la fine del 1600 si inizia a produrre alcuni disegni
navali, prima come immagini, ex voto, o opere d'arte, ...successivamente come elaborati più squisitamente tecnici
finalizzati a riportare su carta le forme degli scafi che si volevano
realizzare.
Era un enorme passo avanti, dal momento che solo così si sarebbero
potuti costruire più scafi assolutamente 'uguali' ma proprio da tali
elaborati e con l'ausilio delle prime teorie e calcoli, si riuscivano
ad ottenere alcuni parametri fondamentali dello scafo.
L'elaborato tecnico subì una continua evoluzione fino a diventare quello che poi venne conosciuto come 'piano di costruzione'.
Come già riportato in precedenza, il piano di costruzione consiste in una proiezione ortogonale dove lo scafo viene 'affettato' nei tre piani, assolutamente combacianti fra di loro.
Si poteva ottenere un piano di costruzione partendo direttamente da alcuni parametri di base e riportando su carta alcune forme predefinite.
Tutta la forma della carena avveniva mediante l'utilizzo di alcuni strumenti da disegno quali righelli, piombi, curvilinei, che servivano a tracciare perfette linee curve sui vari piani.

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L'altro metodo per formare un piano di costruzione era proprio quello del mezzo scafo.
Questo infatti consentiva sin da subito sia all'architetto navale che al committente di ragionare su una forma 'solida' a tre dimensioni ed eventualmente apportare tutte le correzioni ritenute necessarie, prima ancora di passare alla stesura del piano di costruzione.
Infatti ricordo che il mezzo scafo era ed è formato da una serie di tavolette dello stesso spessore, quasi sempre orizzontali, le cui linee rappresentano le linee d'acqua del piano orizzontale del piano di costruzione.
Il mezzo modello, una volta definito, veniva scomposto nelle sue parti che servivano per la stesura della prima bozza del piano orizzontale.


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Con l'evoluzione della tecnica progettuale, vennero anche inventati precisi strumenti di misura atti a 'quotare' un mezzo scafo senza scomporlo.


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Penso di aver inserito parecchia carne al fuoco.
A voi i commenti.
C'era una altezza condivisa nelle tavolette che componeva il mezzo scafo?
Ciao Riccardo.
Rispondo con ritardo....
Mi sembra di capire che il quesito è se lo spessore delle
tavolette sia uguale per tutte....
In generale si.
Si tratta di uno spessore preventivato che deve corrispondere
alla distanza tra un piano di galleggiamento e l'altro.
Infatti, se noti i profili longitudinali dei piani di costruzione
che ho inserito, ogni linea orizzontale corrisponde ad un piano di
galleggiamento e la distanza tre due piani corrisponde allo spessore
della tavoletta.
E' possibile trovare anche spessori differenti dalla linea di galleffiamento (LWL)
Questo perchè viene sempre ritenuta molto importante la parte immersa della carena
e quindi si fa di tutto per avere maggiori elementi possibili.
Quindi può accadere di trovare dei piani di costruzione (e dei mezzi scafi)
che possono avere maggiore concentrazione di piani di galleggiamento
al di sotto di LWL mentre al di sopra si diradano, dal momento che servono
solo per dare la forma giusta all'opera morta.
Un saluto.-
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