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Versione completa: Barche a vela e motorizzazione
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Per me il discrimine è nell’uso che se ne fa.
Per l’uscita con tempo buono, in presenza di brezza e mare poco mosso (insomma per andare a fare il bagno o una semplice passeggiata) una motorizzazione di 3 HP/ton di max dislocamento effettivo navigante è ovviamente sufficiente il più delle volte. Ma possono capitare sgradite sorprese (vedi ad esempio golfo di Talamone-Porto S. Stefano, Golfo di Squillace, Menorca, Corfù, Egeo, ecc.).
Per la navigazione d’altura (quindi 150 – 360 – 600 miglia marine no stop) vedo la questione in altro modo.
Può accadere di tutto, dalle lunghe smotorate all’opportunità o bisogno di riparare in un vicino ridosso, posto immancabilmente sopravento. Mi vengono in mente l’accesso a Olbia o il ridosso a Kefalos (Isola di Kos – M. Egeo) in presenza di 27 kts di vento in prua.
In navigazione d’altura è indispensabile avere motore sia per fronteggiare simili emergenze sia per tenere (nelle famose smotorate) una velocità di crociera soddisfacente e comunque adeguata alle dimensioni della barca. Questo non è possibile con 3 HP/ton su una barca di normali dimensioni.

Il mio metro è presto detto. Ogni tipo di carena ha una sua velocità critica, oltre la quale a motore non va neanche raddoppiando la potenza motrice. Questo è il primo vincolo. Individuata poi la V critica, si trova la motorizzazione che permette di raggiungerla a pieni giri. Questo comporta che a giri max presi, ridotti del 10%-15%, si può tenere la miglior velocità di crociera con il minimo consumo di ltr/nm, mantenendo una buona riserva di potenza per le emergenze.
Non va infatti dimenticato che un’elica ottimale (quella che permette al motore di prendere tutti i giri e alla barca di conseguire la Vmax) assorbe -27% della potenza erogata già a giri max presi ridotti del 10%. Questo significa inoltre prendere la potenza nei punti più bassi della curva del consumo specifico.
Spesso accade che a pari Vcrociera il motore più piccolo consumi più ltr/nm del motore più potente.
Conclusione?
Citazione:GT ha scritto:
Conclusione?
Vedi sopra.
In altre parole, occorre individuare la V critica (con calcolo e/o stima e/o osservazione in navigazione) e stabilire la potenza (con calcolo) e l'elica ottimale (con calcolo) occorrenti.
Senza esperienza specifica, spesso si rischia di andare poco lontano.
Domanda:
Per il calcolo della Vc come si procede?

...è sufficiente ricavare il Dr (Dislocamento Relativo)tramite il quale per comodità di calcolo si risale ( diagramma di Dave) alla Vs di carena e quindi alla Vc ....o mi sono perso qualcosa nel semplificare?
...perchè non sviluppare uno schema di calcolo completo e comprensibile un po per tutti gli ADV che hanno desiderio di crescere e imparare?
Grazie
Risposta non esauribile in un post.
Una volta era ottenuta sperimentalmente. Oggi, grazie alle conoscenze acquisite ed all'uso del PC, è determinabile con buona approssimazione in sede di progetto della carena e quindi a tavolino.
Ricostruirla esattamente a posteriori è tempo sprecato.
Per le [u]normali[u] barche a vela il Tq resta infatti inchiodato tra 1,30 e 1,40. L'occhio esperto può valutare il più probabile Tq senza perdere inutilmente tempo con il calcolo.
Ricordo qui che:
> Tq=V fratto radice quadrata LWL con V in nodi e LWL in piedi, da cui Vcritica=Tq x radice quadrata LWL.
> tanto più una carena è insellata tanto minore è il valore Tq e viceversa.
Le carene S.O. sono tutte poco insellate, dal che deriva un Tq quasi sempre 1,40 circa.
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