Ho buttato giù qualche considerazione che non esaurisce il discorso, ma è già un buon spunto di riflessione.
Come introduzione all’argomento radio boe (Epirb, Sart, Mob, ecc.), vorrei esporre il mio punto di vista sulla sicurezza a bordo in generale.
Prima di qualsiasi discorso sulla sicurezza è bene chiarire alcuni concetti, che se non condivisi, rendono inutile ogni altra considerazione.
Il più importante tra tutti è che col mare non si scherza, mai!
Il che non vuol dire ammantare di incombente tragedia anche un giretto in barca, ma avere sempre la consapevolezza della situazione e dei limiti, propri, degli altri e delle attrezzature.
Partiamo poi dal principio che in mare nulla è sicuro in modo assoluto, così come niente è abbastanza solido; se il mare ci si mette rompe tutto e fa cose impensabili.
Detto questo si può però arrivare ad avere la ragionevole certezza di aver fatto “tutto” quanto possibile per navigare in sicurezza.
Ed in quel “tutto” sta il nocciolo del problema: per un giro sul pattino, il tutto può già rappresentare una ciambella, un’ancora con qualche metro di cima ed una crema solare, per una navigazione già di poche miglia dalla costa, può servire ben altro.
E’ evidente che la lente attraverso la quale guardare i problemi della sicurezza e che può anche distorcere la corretta visione della realtà, è rappresentata dal grado di coscienza e dal senso di responsabilità del navigante.
Sono sempre pericolosissimi i ragionamenti tipo “Tanto navigo da solo e rischio come mi pare” o “Ma sì, arrivo solo fino a là fuori, cosa vuoi che succeda”o, il peggiore, “Ma io sto sempre entro le sei/dodici/cinquanta miglia” perché in caso di accidente la distanza dalla costa, il sole o la pioggia, il giorno o la notte, non fanno la differenza e nella migliore delle ipotesi si mettono a rischio le attrezzature e le vite: propria, dell’equipaggio e dei soccorritori, che intervengono, anche se il pirla di turno ha avuto in spregio le più elementari misure di sicurezza.
Un ultimo accenno ad alcuni fatti su cui riflettere.
- Già a due o tre miglia al largo, con un minimo di foschia estiva, la costa non si vede e ritornarci può non essere così intuitivo.
- In una bella giornata, con il cielo inizialmente sgombro, il sereno può rapidamente girarsi in un temporale, anche brutto, specie nella bella stagione.
- Quando il grillo, il bozzello, o un altro qualunque pezzo dell’attrezzatura, usurato o semirotto (“Ma sì usiamolo fin che tiene”) rendendo l’anima a Dio, cosa che succede sempre nel momento meno adatto, può trasformarsi nella famosa “Arma letale”.
- Da ultimo, sul vezzo di non usare mai il giubbetto, perché “tanto so nuotare” o le cinture perché si pensa faccia rude uomo di mare, giova ricordare che così si sono persi anche Tabarly e Moitessier, grandi uomini di mare con immensa e reale esperienza, traditi forse dal loro amato mare che non è mai amico ed anche dopo una lunga frequentazione, sempre punisce l’eccessiva confidenza.
Detto questo ho preventivamente chiarito il mio punto di vista sull’argomento sicurezza in mare, che può essere anche non condivisibile, ma certo non criticabile per l’invito ad eventualmente eccedere nelle cautele.
Ed ora parliamo di radio boe, che rappresentano una delle maggiori sicurezze possibili nel campo della salvaguardia della vita in mare.
Ve ne sono principalmente di tre tipi: Epirb, Sart e Mob, tutti validi per quello per cui sono stati pensati, con applicazioni diverse, se pur simili, ma non equivalenti.
Epirb, acronimo di Emergency Position Indication Radio Beacon, è una radio boa che trasmette sulla frequenza satellitare dei 406 MHz, usando come riferimento il sistema Cospas Sarsat a copertura mondiale; la localizzazione dell’origine del segnale ha un’approssimazione di poche decine di metri.
Questi apparecchi sono codificabili quindi il segnale ha un nome e cognome, rapidamente verificabili, ed i tempi di attivazione dei soccorsi si riducono ad un paio di ore.
In Italia la stazione di riferimento è a Bari Palese, da dove l’allarme corredato dai vari riferimenti, viene inoltrato alle strutture di competenza.
Alcuni sono attivi anche sulla frequenza dei 121.5 MHz, che è quella da tempo usata dagli aeromobili, da notare che il sistema Cospar Sarsat tende ad eliminare in un prossimo futuro gli apparecchi che trasmettono solo su questa frequenza, perché, non sono codificabili, quindi non essendo associabili ad un identificativo, resta ignoto il richiedente.
La frequenza dei 121.5 è tuttora utile per la ricerca ravvicinata, ma ha una precisione nell’individuare il segnale di qualche miglio.
Gli apparati più recenti lavorano sulle due frequenze coprendo tutta la gamma di ricevitori; quelli di ultima generazione hanno incorporato un ricevitore GPS che ne rileva e trasmette in continuo, insieme al segnale di soccorso, l’esatta posizione. Questa funzione è della massima utilità, perché aggiorna continuamente la posizione della fonte del segnale. Ne consegue che se la radio boa è stata portata a bordo della zattera di salvataggio, ne velocizza il ritrovamento.
I modelli più dotati hanno anche la funzione SAR, che invia un segnale di soccorso identificabile come tale e rilevabile da tutti gli apparecchi Radar.
SAR, in pratica è un riflettore radar attivo che quando è messo in funzione invia un segnale di soccorso ben identificabile da tutte le unità dotate di radar (se lo hanno in funzione).
Ha una discreta portata, ma serve “solo” a quello.
E’ evidente che non sostituisce l’Epirb, ma è utile, in aggiunta ad esso, per esempio quando si è già sulla zattera o si è alla deriva, o si ha un’altra emergenza, infatti, mentre il segnale dell’Epirb richiede un collegamento satellitare, il segnale del SAR è rilevato da ogni radar, anche quello di un peschereccio o di una barca a vela.
MOB, (Man Over Board), si tratta di un segnalatore personale (da polso, da collo, da tasca) che può essere attivato manualmente, o dotato di meccanismo che lo attiva per contatto con l’acqua o dotato di un sistema di taratura che lo attiva quando si allontana più di una distanza predefinita dalla stazione base o da un altro apparato master.
Qualche modello ha un GPS interno che segnala la posizione, qualche altro ha un radiocomando che, più o meno in automatico, trasmette un comando al radiopilota, o al pilota automatico, o ad una stazione ricevente che attua un qualche comando agli organi di controllo della barca, altri modelli hanno una funzione di ritrovamento che traccia sullo schermo del sistema di navigazione la rotta seguita dopo la caduta del tipo e la sua posizione.
Sono apparati la cui tecnologia è in rapida evoluzione ed ogni nuovo modello ha funzioni più evolute.
In genere si usa per dare l’allarme all’equipaggio e per ritrovare l’uomo caduto a mare, o per “”sperare”” d’intervenire da lontano sui comandi della barca, se solitari si fa un tuffo imprevisto.
Lo Spot è sostanzialmente una specie di telefonino, utile anche quello, non omologabile come dotazione di sicurezza, con autonomia un po’ limitata; un parente povero del telefono satellitare, che non sostituisce.
Dei PLB ha già detto tutto Anonimone.
Vi sono anche altri sistemi più o meno validi (molti si sono salvati con il telefono satellitare), ma la normativa prevede solo Epirb e Sar.
Quale tra tutti gli oggetti in commercio ti può servire dipende da te, da cosa vuoi fare, dal tuo grado di prudenza; a rigor di termini tutto, ma a voler vedere anche altro.
Le sicurezze sono una delle cose che vanno ragionate ed adottate in funzione delle situazioni previste, limitandole o meno con sano buon senso.
Ho un vecchio Epirb tascabile (se vuoi te lo regalo), lavora solo sulla 125, è ancora intestato al Vecchio proprietario della barca (Tedesco), avevo chiesto un preventivo per le modifiche e la rimessa in funzione….ho comprato uno dei migliori Epirb ed ho speso poco di meno.
Per come fare a trascinarselo dietro è macchinoso e difficile da spiegare per iscritto, se ci vediamo in giro alla mia barca te lo dimostro, ma per ogni barca penso si debba trovare la soluzione adatta.
E concludo: una cosa è l’affondamento, l’abbandono della barca, la zattera, un pericolo o un’avaria che richieda assistenza esterna, cosa ben diversa è il cadere fuori bordo.
A mio avviso quando si cade in mare il problema principale non è farsi venire a prendere dai soccorsi, ma raggiungere la barca, non annegare trascinati dal cordone di sicurezza e, beccata la barca risalire a bordo, cose davvero molto difficili da farsi da soli.
Per risalire la migliore possibilità è una plancetta a filo acqua, scalette, cime con o senza nodi, sistemi di risalita ed altri marchingegni, sono per fisici poco meno che bestiali (a meno che la forza della disperazione non faccia il miracolo, succede!) ed andrebbero collaudati prima.
Per esempio in una giornata con onda formata, ci si veste di tutto punto (maglione, stivali, cerata, giubbetto, ecc.), ci si lega accuratamente, ci si assicura il fondamentale aiuto/assistenza di un paio di amici ben dotati, si mette la barca in rotta a velocità modesta ed in ordine di navigazione con tutte le prudenze che si pensa di attuare, come cime trascinate, scalette, ecc.
Ci si butta….e si avranno parecchie sorpresine quali: il giubbetto ci mette un po’ ad aprirsi, difficile tenere la testa fuor d’acqua trascinati e si beve parecchio, vedere la barca che va è una delle peggiori esperienze, ed anche sapendo che c’è gente che ti riprenderà, l’angoscia è notevole, ecc.
A quel punto gli amici mettono alla banda e la barca o gira in tondo o si ferma….raggiungetela e risalite, gente!
Provare per credere.