L'attrezzo con il manico rosso del 6° intervento è un tranciabulloni e non una pinza a crimpare.
Con un saldatore comune, mai si riuscirà a stagnare un cavo di 25 mmq, perché usando un saldatore da contatti si raffredda troppo in fretta lo stagno sul cavo per via della grossa sezione.
Con un saldatore a fiamma si fonde anche la guaina isolante.
Una delle possibilità è tenere una vecchia lattina di carne in scatola su di un fornelletto, mettreci dentro una certa quantità di stagno, quando questo e fuso e caldo molto bene, s'immerge in capo del cavo nella pasta salda, poi lo si puccia nello stagno e lo si estrae tenendolo verticale.
Tutti i terminali, stagnati o no, si crimpano con puntalini, adatti al collegamento del contatto e si guarniscono con un pezzetto di termoretraibile, prima di avvitarli nella sede del morsetto.
Su ogni cavo è bene scrivere cos'è e applicare una etichetta con l'indicazione di cosa alimenta; gli si assegna anche un numero che sullo schema elettrico (che è sempre d'obbligo fare) indicherà: di che colore è, che sezione ha, da dove viene, dove va e, magari, anche quanto è lungo.
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Questa è una foto che dà l'idea del minimo di attrezzatura necessaria per avere una ragionevole speranza di eseguire un buon lavoro su di un impianto elettrico.
Ragionevole speranza che, unita ad un minimo di conoscenza tecnica, un discreto progetto di partenza, idee chiare, pazienza, manualità e materiali giusti, ben dimensionati e posati a regola d'arte, può anche trasformarsi in ragionevole certezza.