RE: Sverniciatura a vetro
Vi leggo molto, ma non scrivo più e qualcuno sa perché, ma a volte mi prudono le dita e usando la funzione "cerca" del Forum, che funziona sempre a dovere, trovo vecchie cose delle quali si era già parlato e le mando agli interessati per e-mail o messaggio privato, non questa volta, che mi ricorda cose che facevo poco più che bambino, con le barche di qualcuno dei miei familiari, (dopo la scuola veh!) per guadagnarmi qualche ora di vela.
Con un paio di copia e incolla è venuto fuori questo:
Titolo della discussione:
Owatrol Deks Olje - Applicazione
01-09-2015, 17:53 Messaggio: #20 dapnia Amico del Forum Messaggi: 4.941 Registrato: Jan 2008
Partiamo dall'assunto cartesiano che le parti in legno, NON DI TECK, lasciate al naturale e protette da una vernice trasparente (o ambrata), sono sensibili al sole più che con altre protezioni; che ogni due anni in genere vanno riprese con un qualche intervento anche leggero; che per durare anni è bene siano protette nelle situazioni peggiori d'insolazione (luglio /agosto), per esempio con dei teli (le storiche mutande sulle fiancate delle barche d'alto lignaggio d'antan, trattate con minimo 7 mani di stucco e 9 mani di smalto); e che ogni graffio deve essere subito ripreso, se no s'infiltra acqua, macchia il legno sotto e provoca il distacco di scaglie di vernice in giro.
Resta il fatto che le parti in legno di una barca (non teck) trattate a flatting, per esempio un mogano biondo, siano quanto di più bello si possa vedere, e la più alta nota e caratteristica distintiva d'una imbarcazione, dopo le linee d'acqua.
Un buon flatting, di qualità (e ne esistono, ma la qualità va a braccetto col prezzo e con la difficoltà di applicazione) che duri nel tempo e resista ai raggi UV, richiede, dopo la preparazione del legno, l'applicazione di 6 mani minimo, date con una diluizione decrescente dal 30% al 10%.
Le prime due mani per impregnazione del legno nuovo (se il legno è vecchio va prima riportato al nuovo) le mani a seguire devono essere omogenee, date con cura e pazienza, interponendo tra una mano e l'altra una carteggiatura ad acqua con carta fine e, volendo fare il massimo e come si faceva una volta, tra le ultime due mani a finire (oltre le sei già citate) con straccio di lino, acqua e polvere di pomice. Nemica della brillantezza finale è la polvere, che va eliminata con scrupolo e sempre, prima del pennello.
Per riportare a nuovo il legno già trattato, dopo il lavaggio con soda, un tempo si usava un ferro da stiro caldo: si appoggiava alla parte da sverniciare per qualche minuto, poi con una lama o con la classica scheggia di vetro (da cambiare spesso) si grattava via la vecchia pelle. In più passate si arrivava al legno quasi nudo, sul quale poi si agiva con carta vetrata a grana vieppiù fine, fino al lavaggio finale con ragia vegetale.
Per la manutenzione, un accurato lavaggio, una leggera carteggiatura ad acqua o una pomiciatura, e due mani molto diluite dello stesso prodotto iniziale.
Complicato? no, di certo lunghissimo, come la lucidatura a pomice della ferramenta in bronzo.
Cose d'altri tempi? Si, e giustificano il trionfo della plastica, dell'alluminio anodizzato e di tutte le cose che il progresso (e la pigrizia) ci hanno dato di bello.
Per il teck, una volta si usava l'olio di teck, quello che si ricavava (colava) mentre si segava il legno dal tronco, dato a straccio; oggi ci sono dei prodotti di buona qualità, a base di olii vari e chiari, che vanno dati molto diluiti, in più passate e sempre a straccio.
Certo le scorciatoie ci sono, la migliore è prendersi un bel plasticone (come ho fatto io, ma per altre ragioni) e abbandonarsi alle diavolerie moderne, che appaiono ancor prima di essere, ma indubbiamente sono comode.
Titolo della discussione:
Sappiamo mantenere bene il ponte in teak?
21-04-2010, 04:39 Messaggio: #41
dapnia Offline Amico del Forum Messaggi: 4.941 Registrato: Jan 2008 Online
Una volta (ai miei tempi) per sverniciare il legno si 'lamava'.
Il procedimento era semplice….in apparenza, ma richiedeva una certa abilità.
A volte si usava lo speciale attrezzo che consisteva in una semplice striscia di acciaio, delle dimensioni di un paio di pacchetti di sigarette, spessa un paio di millimetri, con i bordi ad angoli vivi, che andavano ravvivati abbastanza spesso sulla mola fine.
Il più delle volte si prendeva una vecchia lastra di vetro, si incideva e si spezzava, sempre a spigolo vivo, e tenendone fra le dita un pezzo si grattava via la vernice, lasciando il legno già bello liscio.
A volte per ammorbidire la vecchia vernice trasparente, si usava un ferro da stiro caldo, appoggiandolo sulla parte senza bruciarla e passandoci subito la lama.
E' un lavoro che bisogna saper fare, faticoso e lungo, ma i risultati sono eccezionali.
Sono decine d'anni che non lo vedo più fare, ed un pò di più che non lo faccio io, ma si faceva.
Per i sottosquadri si usavano scalpelli di giusta misura, affilati come rasoi.
Poi sono arrivate le levigatrici, orbitali, rotorbitali, e simili, e si è persa la manualità per certi lavori, con buona pace delle tradizioni e della conoscenza “al tatto” del legno.
Per le macchie si usava una miscela di trementina vegetale e polvere finissima di pomice (il borotalco va bene uguale), della consistenza di una crema dentifricia, si spalmava sulla macchia (all’ombra ed al fresco) la si lasciava lavorare molte ore, ripetendo l’operazione fino alla scomparsa della macchia, poi via di lama di vetro.
Paglietta o carta fine a finire ed un bicchierino di bianco ogni tanto per corroborare braccia, mani e mente, nella ferma convinzione che più amorevole lavoro si sarebbe dato alla barca più te ne avrebbe reso, poi, nel tempo.
Ricordi, altra gente, altro amore per il lavoro, altro concetto della fatica, altro rapporto col tempo, regolato dal respiro del mare……
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