IanSolo
Vecio AdV
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Staccare il carica batterie da banchina
O.K., parliamo pure di come erano fatti gli 'antichi' caricabatterie.
I piu' vetusti caricabatterie erano realizzati sostanzialmente in tre forme.
La prima, priva di dispositivi attivi di regolazione, era costituita da un trasformatore riduttore di tensione (da 200V a 12V efficaci) realizzato con un nucleo di sezione piuttosto ridotta avente pure un piccolo traferro allo scopo di limitare automaticamente la corrente d'uscita a seguito della sua saturazione, sul secondario la tensione veniva raddrizzata mediante un ponte di diodi (talora uno solo) e, in quelli che erano ritenuti migliori, livellata con un condensatore, allo scopo di limitare ulteriormente la corrente di cortocircuito la sezione dell'avvolgimento primario era eseguita con filo piuttosto sottile per aumentarne la resistenza. Un tale dispositivo e' incapace di riportare verso la rete AC impulsi o disturbi rilevanti proprio per le caratteristiche del suo trasformatore che satura immediatamente in presenza di picchi e non e' piu' in grado di lasciar passare nulla (un trasformatore con nucleo alla saturazione non e' piu' un trasformatore), per la stessa ragione neppure si danneggia quando posto in cortocircuito per tempi non esagerati. Questo sistema e' stato abbandonato quasi completamente in quanto privo di alcuna regolazione, se ne trovano ancora in commercio per la ricarica (parziale) delle batterie per automobili dove l'impiego e' temporaneo avendo solo il fine di fornire carica sufficente all'avviamento.
La seconda utilizzava come dispositivi di regolazione dei diodi SCR o dei TRIAC sul circuito primario operando in parzializzazione d'onda, in questi apparecchi il trasformatore, soggetto ad operare con fronti piuttosto ripidi, veniva realizzato piuttosto massiccio per ridurre il riscaldamento del nucleo ma calcolato per avere in'induttanza di valore piuttosto alto (si tentava di farlo risuonare a 50Hz) onde evitare la trasmissione di armoniche al secondario che avrebbero alterato in modo rilevante la stabilita' della tensione e corrente in uscita, sul secondario ancora una volta si trovavano diodi raddrizzatori e, nei migliori, un circuito che rilevata la tensione e corrente in uscita inviava l'opportuna informazione per la regolazione della fase di parzializzazione al circuito di controllo tramite un fotoaccoppiatore (per isolare galvanicamente le due sezioni). Viste le caratteristiche di taglio delle frequenze alte richiesto per questo tipo di apparecchiatura e' molto poco probabile (il trasformatore e' a tutti gli effetti un filtro passabasso) che un'azione sul secondario possa trasmettere disturbi al primario. Tali sistemi di regolazione sono quasi stati abbandonati invece per il disturbo che trasmettono alla linea durante il loro normale funzionamento (il carico in uscita non c'entra) perche' la parzializzazione d'onda produce armoniche molto forti e, molto piu' grave, un discreto sfasamento fra le componenti I e V riducendo il rendimento di tutta la linea e cio' non e' buona cosa. Esistono ancora (pochi visto che i moderni sistemi costano meno e hanno rendimenti piu' alti) apparati di questo tipo ma il sistema di parzializzazione odierno opera su onde intere con la tecnica definita 'zero crossing' che non produce tali inconvenienti.
Nella terza forma si sfrutta ancora la tecnica di parzializzazione d'onda ma sul circuito secondario, in questo caso il trasformatore e' realizzato con caratteristiche analoghe a quello della parzializzazione sul primario per analoghe ragioni, con questa tecnica si richiedono dispositivi adatti a correnti piu' forti visto che operano sul secondario ma si evita la necessita' di sitemi di isolamento galvanico e la regolazione corrente-tensione puo' agire direttamente. Valgono gli stessi ragionamenti della tecnica costruttiva precedentemente descritta.
Tutti questi sistemi (alcuni dei quali possono risalire anche agli anni 50 e li si riconosce perche' utilizzavano raddrizzatori al selenio dalla caratteristica forma di 'pacchetto' di alette quadre infilate su di un bastoncino isolato) non soffrono particolarmente nel caso di cortocircuito non potendo erogare (ne' trasmettere all'indietro) piu' dell' energia di saturazione del trasformatore, taluni sono addirittura concepiti (non e' difficile, viene quasi automatico per le caratteristiche degli SCR) per reggere al collegamento a batterie perfino con polarita' invertite (piu' corrente di cosi' non sarebbe possibile).
Ribadisco quindi il concetto che non e' tecnicamente ragionevole pensare sia possibile (se non per una inverosimile e assolutamente improbabile coincidenza di una serie di inconvenienti) avere danni per via di un caricabatterie lasciato in funzione durante l'accensione del motore.
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10-03-2014 14:59 |
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