07-09-2016, 14:01
Mi fischiavano le orecchie .................
Prima un po' di storia ........... non sono una novità del nuovo millennio, perchè i primi frulloni hanno fatto la comparsa sul garda ed in adriatico nella metà degli anni 80, sui libera, complice la libertà di allora della classe open rispetto alle formule di stazza, ed erano realizzati o in nylon pesante o in dacron leggero, ed erano ghindati su un doppio cavo d'acciaio impiombato su dei triangoli che faceva, più o meno, da antitorsione.
Quando in AC il Team New Zealand issò il suo primo code 0, meravigliando il mondo, il commento del disincantato pubblico "barcolanico" che seguiva le regate nottetempo fu: "ma el xe solamente un frulòn".
Sono passati diversi anni ed ogni veleria tenta di differenziare il proprio prodotto dandogli un nome diverso e decantandone proprietà fantasmagoriche, come abbiamo potuto sperimentare anche nel forum
.
Nel frattempo le ditte produttrici hanno sviluppato prodotti specifici, tessuti e/o laminati, che hanno caratteristiche di stabilità di forma e di resistenza più o meno adatte agli utilizzi diversi che se ne possono fare.
Se la vela deve essere utilizzata per "il cazzeggio" al lasco, il mantenimento della forma non è così importante e dunque è il solo utilizzo in cui il nylon può essere raccomandato..... in parole povere un code zero tipo "voio ma no poso"................
Lo step successivo, adatto sempre ad una vela sostitutiva del gennaker, non orientata alla bolina, è il tessuto poliestere da 2 o 3 once, tipo Maxicote 200 o 300, sviluppato inizialmente per i gennaker dei 60' da giro del mondo. Molto più stabile del nylon, ma per questo anche un po' più fragile, ma il costo non è molto diverso.
Se però si vogliono massimizzare le prestazioni nelle andature strette, ovvero se si ha anche una vela da lasco per scendere, il code zero si dovrebbe realizzare triradiale ed in laminato film/taffettà, di cui adesso, per contenere i costi c'è anche la versione fibrata in poliestere anzichè in aramidico; e il materiale se usato correttamente non è così delicato come potrebbe sembrare, anche se, come in tutti i materiali compositi, allo belin segue la delaminazione.
Capitolo a parte i code zero da regata, realizzati in membrana a fibre orientate.
P.S. Non capisco perchè noi al code zero continuiamo a cambiare nome, mentre sui multiscafi da anni si chiama "screecher" ...... e basta.

Prima un po' di storia ........... non sono una novità del nuovo millennio, perchè i primi frulloni hanno fatto la comparsa sul garda ed in adriatico nella metà degli anni 80, sui libera, complice la libertà di allora della classe open rispetto alle formule di stazza, ed erano realizzati o in nylon pesante o in dacron leggero, ed erano ghindati su un doppio cavo d'acciaio impiombato su dei triangoli che faceva, più o meno, da antitorsione.
Quando in AC il Team New Zealand issò il suo primo code 0, meravigliando il mondo, il commento del disincantato pubblico "barcolanico" che seguiva le regate nottetempo fu: "ma el xe solamente un frulòn".
Sono passati diversi anni ed ogni veleria tenta di differenziare il proprio prodotto dandogli un nome diverso e decantandone proprietà fantasmagoriche, come abbiamo potuto sperimentare anche nel forum
.Nel frattempo le ditte produttrici hanno sviluppato prodotti specifici, tessuti e/o laminati, che hanno caratteristiche di stabilità di forma e di resistenza più o meno adatte agli utilizzi diversi che se ne possono fare.
Se la vela deve essere utilizzata per "il cazzeggio" al lasco, il mantenimento della forma non è così importante e dunque è il solo utilizzo in cui il nylon può essere raccomandato..... in parole povere un code zero tipo "voio ma no poso"................
Lo step successivo, adatto sempre ad una vela sostitutiva del gennaker, non orientata alla bolina, è il tessuto poliestere da 2 o 3 once, tipo Maxicote 200 o 300, sviluppato inizialmente per i gennaker dei 60' da giro del mondo. Molto più stabile del nylon, ma per questo anche un po' più fragile, ma il costo non è molto diverso.
Se però si vogliono massimizzare le prestazioni nelle andature strette, ovvero se si ha anche una vela da lasco per scendere, il code zero si dovrebbe realizzare triradiale ed in laminato film/taffettà, di cui adesso, per contenere i costi c'è anche la versione fibrata in poliestere anzichè in aramidico; e il materiale se usato correttamente non è così delicato come potrebbe sembrare, anche se, come in tutti i materiali compositi, allo belin segue la delaminazione.
Capitolo a parte i code zero da regata, realizzati in membrana a fibre orientate.
P.S. Non capisco perchè noi al code zero continuiamo a cambiare nome, mentre sui multiscafi da anni si chiama "screecher" ...... e basta.
