08-12-2016, 11:33
In parole il più semplici possibile:
- il carico applicato ai tre angoli della vela si trasmette irradiandosi dall'angolo verso il centro, diminuendo di intensità e cambiando direzione in dipendenza, sostanzialmente, dalla forma e dalla geometria della vela, e dall'intensità relativa dei carichi stessi
- a reagire alle deformazioni provocate dai carichi suddetti è il complesso della vela, cioè tutto il materiale di cui essa è composta: se si tratta di un tessuto ciò è molto semplice e intuitivo, se si tratta di un composito la resistenza impegna sia la base, che le fibre, che la coesione tra tutti i componenti
- le curve descritte da ZK sono l'esemplificazione grafica generalmente accettata di come le tensioni si distribuiscono sulla superficie, non è che esse effettivamente percorrano delle traiettorie curve da angolo ad angolo
- le tensioni variano di intensità e direzione continuamente sulla superficie della vela: in presenza di una struttura composita questo genera movimento relativo tra i componenti (fibre e base) che hanno proprietà meccaniche diverse, e questo causa carichi a taglio (shear), e le conseguenti pieghe che sono state mostrate
- la deformazione elastica (quella reversibile) causa carichi di compressione perpendicolari alla trazione (il già nominato Poisson)
- per opporsi a shear e compressione si impiegano componenti adatti a resistervi, idealmente isotropi (cioè con le stesse proprietà meccaniche in ogni direzione) e molecolarmente molto coesi. Il più comune ed economico è il film di poliestere (mylar, se prodotto da Dupont)
- le membrane filmless non impiegano per definizione questo componente, per cui si affidano ad altri metodi per resistere a shear e compressione, con vari risultati. La sperimentazione in questo senso non è ancora terminata
- facendo il puro calcolo carico/resistenza in molti casi è vero che la fibratura in teoria è sovradimensionata. Del resto, le primissime vele di questo tipo (Tape Drive UK Sailmakers, 1986) erano realizzate con cavi posti a decine di cm. l'uno dall'altro, e funzionavano. Se si mettono più fibre del necessario non è per paura di aver sbagliato i conti, ma per la necessità di coprire adeguatamente la superficie per a) evitare grandi disparità locali di resistenza tra "cavo" e "base" (che generano pieghe etc.), e b) allineare con un maggior irraggiamento il numero più alto possibile di fibre con le direzioni di trazione
- in questo senso, la tendenza è continuamente alla riduzione della sezione delle fibre e all'aumento della copertura, vedi i prodotti spread-tow filament recentemente introdotti
- il carico applicato ai tre angoli della vela si trasmette irradiandosi dall'angolo verso il centro, diminuendo di intensità e cambiando direzione in dipendenza, sostanzialmente, dalla forma e dalla geometria della vela, e dall'intensità relativa dei carichi stessi
- a reagire alle deformazioni provocate dai carichi suddetti è il complesso della vela, cioè tutto il materiale di cui essa è composta: se si tratta di un tessuto ciò è molto semplice e intuitivo, se si tratta di un composito la resistenza impegna sia la base, che le fibre, che la coesione tra tutti i componenti
- le curve descritte da ZK sono l'esemplificazione grafica generalmente accettata di come le tensioni si distribuiscono sulla superficie, non è che esse effettivamente percorrano delle traiettorie curve da angolo ad angolo
- le tensioni variano di intensità e direzione continuamente sulla superficie della vela: in presenza di una struttura composita questo genera movimento relativo tra i componenti (fibre e base) che hanno proprietà meccaniche diverse, e questo causa carichi a taglio (shear), e le conseguenti pieghe che sono state mostrate
- la deformazione elastica (quella reversibile) causa carichi di compressione perpendicolari alla trazione (il già nominato Poisson)
- per opporsi a shear e compressione si impiegano componenti adatti a resistervi, idealmente isotropi (cioè con le stesse proprietà meccaniche in ogni direzione) e molecolarmente molto coesi. Il più comune ed economico è il film di poliestere (mylar, se prodotto da Dupont)
- le membrane filmless non impiegano per definizione questo componente, per cui si affidano ad altri metodi per resistere a shear e compressione, con vari risultati. La sperimentazione in questo senso non è ancora terminata
- facendo il puro calcolo carico/resistenza in molti casi è vero che la fibratura in teoria è sovradimensionata. Del resto, le primissime vele di questo tipo (Tape Drive UK Sailmakers, 1986) erano realizzate con cavi posti a decine di cm. l'uno dall'altro, e funzionavano. Se si mettono più fibre del necessario non è per paura di aver sbagliato i conti, ma per la necessità di coprire adeguatamente la superficie per a) evitare grandi disparità locali di resistenza tra "cavo" e "base" (che generano pieghe etc.), e b) allineare con un maggior irraggiamento il numero più alto possibile di fibre con le direzioni di trazione
- in questo senso, la tendenza è continuamente alla riduzione della sezione delle fibre e all'aumento della copertura, vedi i prodotti spread-tow filament recentemente introdotti
