Citazione:ws770 ha scritto:
Ho riportato una parte di un libro che tratta questo tema. Non predico la 'verità assoluta', domando commenti!
Eccoli.
Desidero fare un discorso generale, andando forse anche un po’ fuori tema, osservando dapprima che la buona volontà va sempre premiata, anche se a volte lo zelo fa danni.
In questo ed in altri post, a seguito di domande specifiche riguardanti una situazione particolare, con la migliore delle buone volontà e, appunto, con zelo, molti si lanciano in dissertazioni che, di là dallo sfoggio di vera o presunta conoscenza approfondita dell’argomento, non rivestono nessun carattere risolutivo per il poveraccio di turno; il quale, per sapere, avendolo chiesto, come avvitare una vite, si vede rispondere con ampi stralci di ponderosi trattati sulla tornitura dei metalli, per il solo fatto che le viti sono dei pezzi di metallo torniti.
E a nulla gli serve il sapere come tornire i metalli, perché aveva chiesto, al più, di che misura doveva essere il cacciavite.
Nessuna polemica in ciò, solo una critica all’inclinazione (per la verità vizio endemico di tutti i forum) a partire per la tangente con dissertazioni prossime al filosofico, perdendo facilmente di vista la semplicità della domanda iniziale.
Il link indicato, tratta di un’ottima pubblicazione tecnica per i tecnici: dato il grado medio di cultura elettrica della maggior parte dei frequentatori del Forum, può ingenerare errori d’interpretazione, se non comportamenti sbagliati; infatti, alcune delle risposte/domande conseguenti confermano questo sospetto.
Ritengo sbagliato, fornire dei concetti/regole di ordine generale e molto tecnici, che devono essere necessariamente interpretati, a chi fa domande specifiche su una situazione ben determinata, per l’intrinseco pericolo dell’interpretazione non supportata da conoscenze tecniche ben precise.
La soluzione di un caso non necessariamente è la soluzione del caso analogo.
Nel campo dell’elettricità, questo è ancor più importante, perché le variabili sono molteplici, e, soprattutto, si opera in contesti già predefiniti.
Per esempio è facile dire che si deve portare a massa un albero isolato scendendo con un cavo da 70 mm2 (del diametro di circa 2 cm. e del peso di quasi tre chili il metro), ma all’atto pratico questo è in concreto impossibile, perché l’albero di una barca non è un palo della luce; ne consegue che, se proprio si deve, la situazione va esaminata in quel caso specifico, ricercando la soluzione adatta per quella realtà, e che non andrà bene in altre realtà.
Aggiungo che tutte le domande sui Forum si riferiscono non già a barche in progetto o in costruzione, sulle quali sarebbe facile intervenire, bensì a barche già esistenti, spesso con qualche anno, molte vecchie, con impianti e situazioni già sclerotizzate, realizzate in tempi con differenti priorità tecniche di quelle di oggi, ancor più spesso anche pasticciate a posteriori, nelle quali è già difficile mettere una pezza, figuratevi il rifare secondo i dettami dell’odierna buona tecnica.
Regole generali vanno bene come indirizzo per chi già sa, ma chi già sa non chiede, o per lo meno, non qui.
Altro esempio, conseguente a manifestati dubbi riguardo le protezioni passive, nello stralcio della pubblicazione si parla chiaramente di protezioni magneto-termiche differenziali (e aggiungo io, con sensibilità inferiore ai 30mA, e se per gli impianti in corrente continua, interruttori di tipo B), il come e dove inserirli è lasciato alla pratica del progettista o dell’impiantista, ne consegue un’informazione quasi priva di utilità per il diportista medio “fai da te”, che dopo aver letto, sa cosa gli serve, ma non dove, di che amperaggio e perché.
Sempre a titolo di esempio, altra informazione di difficile interpretazione è quella della protezione offerta dallo scafo metallico, che è tale perché qualunque struttura metallica a cellula chiusa (o costituita da maglie di captazione) è assimilabile a una gabbia di Faraday e così si comporta: protegge solo dalle correnti esterne “in arrivo”; dentro, in caso di contatto accidentale con conduttori di sufficiente differenza di potenziale, si resta fulminati ugualmente.
E come ultimo esempio, prima dell’eccetera finale, l’affermazione che se uno scafo è metallico costituisce una piastra equipotenziale, se è isolante si pone in serie alla resistenza del corpo umano, peraltro corretta e interessante, è di scarsa utilità per il diportista medio, trafficone per definizione, il quale potrebbe essere indotto nell’errore di pensare che all’interno di uno scafo in VTR, non teme pericoli elettrici, mentre non è così.
Per non toccare nemmeno l’argomento scariche atmosferiche, a riguardo del quale la superstizione e l’esoterismo superano di gran lunga la corretta applicazione di teorie e di buona tecnica impiantistica; e sul quale argomento è stato detto tutto e il contrario di tutto…spesso a vanvera.
Aggiungo una nota di colore: lo scafo del sommergibile di cui si parla nel citato stralcio, è collegato a terra come devono essere, per legge, tutte le apparecchiature elettriche (ci sarà bene anche solo una lampadina accesa al suo interno), e in quanto struttura metallica di notevole massa, non, come si potrebbe capire per particolari conformazioni del suo ex impianto di navigazione, che nulla ha a che vedere con l’attuale collocazione dello scafo.
Tutto ciò, senza voler togliere nulla a chi di questioni tecniche sa, e per mettere sull’avviso chi di questioni tecniche “crede” di sapere.
La fortuna di molti è che gli impianti di bordo sono a 12 Volt, tensione che danni alle persone ne fa pochi, diverso sarebbe se fossero a 220 (anche se alternata), nel qual caso alcuni potrebbero già aver sperimentato la verità della prima legge di Francesco sull’elettricità:
“La corrente non si vede, e quando si sente è tardi”.
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