Citazione:Nick ha scritto:
1. Molto interessato ad apprendere dalla esperienza non comune annunciata
2. Un pò perplesso sulla categorica esclusione di qualsiasi relazione voltaggio/stato di carica sia a riposo che sotto carichi noti: tutti i produttori seri sono cauti nell'attibuire un valore assoluto. Tuttavia è esperienza comune per una SPECIFICA batteria (non il nostro modello ma proprio la nostra, ad una certa temperatura e stato di vita che non dovrebbe mutare catastroficamente e improvvisamente se trattata appropriatamente) si osserva un voltaggio, a riposo e sotto carico noto, progressivamente in diminuzione man mano che si scarica. Quando faccio annualmente la verifica della capacità residua con un ciclo completo di scarica a me il voltaggio non solo scende progressivamente... ma tra due successive prove, a metà prova ho circa lo stesso voltaggio! Persino la stagione successiva ho valori simili.
3. Suggerisco di mangiare il pesce quando si può, ma trovare due lire anche per un voltmetro decoroso (letture decimali) perchè utile per monitorizzare con un colpo d'occhio il comportamento di caricabatteria ed alternatore, sapere a che punto del ciclo si trovano, avere indicazioni per ricerca guasti nelle malfunzioni.
il discorso e' piu' lungo di quello che e' ragionevole affrontare in un forum di questo tipo (cioe' di gente che scrive e legge per passione e diletto), pero' visto che l'argomento interessa e che sei stato molto gentile a rispondermi, lo approfondisco.
se uno conosce la propria batteria ed osserva un comportamento ripetibile, allora fa bene a farsi la propria esperienza e a basarsi su quella. mio babbo ha sempre detto che l'esperienza e' la scuola dei somari, ma e' anche quella che ti insegna meglio. quindi ben venga ogni considerazione relativa ad un singolo esemplare di un modello ben preciso di batteria realizzata con una tecnologia a scelta. pero' e' da considerarsi come la fortunata eccezione all'infelice regola, non viceversa.
pero', in generale, dalla tensione della batteria a vuoto non si legge nulla di significativo (riguardo la propria carica residua) perche' qualsiasi batteria che non sia praticamente morta (come ciclo di vita e/o carica residua) se lasciata riposare sufficientemente a lungo riesce a ritornare alla propria tensione nominale. o a poco meno, talmente poco e in un tempo talmente variabile che e' sostanzialmente impossibile trovare una regola secondo la quale misurarla per avere un'informazione attendibile.
dici benissimo quando dici che una batteria durante il proprio ciclo di vita non ha brusche variazioni di comportamento, ma rendere ripetibili le proprie misure e' molto difficile, perche' richiedere di lavorare a temperatura quasi costante, utilizzare strumenti di misura molto precisi, rispettare tempi e modi di misura, manutenere sia la batteria che i cablaggi di potenza che i morsetti. sono tutte cose che richiedono buona volonta', tempo e soldi (soprattutto per gli strumenti di buona qualita'). pero' se uno lo fa e riesce a farsi una tabella di riferimento, allora per quella precisa batteria li' ha dei dati significativi.
per i processi chimici che avvengono all'interno di una batteria, pero', la tensione a carico non varia linearmente con la scarica, ne' con la temperatura, ne' con la corrente assorbita, per cui e' un procedimento complicato che in linea generale non mi sento di consigliare.
il mio consiglio e' di avere sempre 2 strumenti a bordo: un ottimo voltmetro e una buona pinza amperometrica. comprati una volta, durano una vita, pero' la volta che ti mandano la fattura passi un dispiacere e normalmente la gente (anche giustamente) preferisce evitare il dispiacere.
quanto ai voltmetri digitali il problema non e' avere dei decimali: e' averli significativi.
faccio un esempio: ho comprato un tester digitale al leroy merlin (la catena del bricolage americano-veneta
per la folle cifra di 3.50 euro.
ha un fondo scala di 20 volt con 2 decimali. uno penserebbe, quindi, che quel voltmetro possa misurare 12.00 volt, cosi' come 12.10. e che se ti dice 12.00 siano 12.00, mentre 12.10 sono 12.10. purtroppo non e' cosi': se uno si prende il disturbo di guardare nel libretto di istruzioni vede che l'errore e' del 2.5% + 3 digit, cioe' il 2.5% di quanto misuri + 3 volte il valore dell'ultima cifra (e c'e' di molto peggio in commercio).
quindi quando misuro 12.00 sto misurando una tensione che potrebbe essere da (12.00 - 0.025x12.00 - 0.03) fino a (12.00 + 0.025x12.00 + 0.03). in altre parole, la mia tensione e' compresa tra 11.67 e 12.33 volt. che uno dica 'ma di solito sei piu' vicino al centro del range possibile piuttosto che agli estremi' mi sta pure bene, ma ci si puo' fidare di ipotesi o statistiche di funzionamento degli strumenti: bisogna considerare il caso peggiore, altrimenti non sai mai cos'hai letto e cosa potrebbe essere.
detto questo, se uno riporta una tabella tipo quella di mkewoy secondo la quale circa 0.2v vogliono dire il 10% di carica residua in piu' o in meno, si capisce al volo che misurare 12.00v con un voltmetro digitale classe 2.5 (che significa che ha un errore percentuale massimo del 2.5%) lascia spazio a un errore sulla stima della carica di quasi il 30%. quindi, anche ammesso che quella tabella fosse significativa (e io insisto sul fatto che non lo sia), misurare con un voltmetro digitale 'comune' una tensione lascia un errore sulla stima della carica residua che rende la lettura totalmente insignificante.
e, attenzione: ci sono voltmetri digitali che commettono anche errori piu' grossolani di quelli che ho indicato e voltmetri a lancetta che hanno un errore di lettura 10 volte piu' piccolo (all'itis gia' nel 1990 usavamo voltmetri a lancetta classe 0.25 --che costavano come la macchina di mio babbo, ok).
discorso diverso sarebbe se uno avesse a portata di mano un fluke 289, ma con quei soldi uno si compra piu' volentieri un mezzo gennaker da 0.75
concludendo, per chi voglia farsi una cultura piu' precisa su quello che sta dietro alle batterie e capire perche' quanto ho scritto in modo inesatto sia molto vicino alla realta', questa e' la miglior pagina web che abbia trovato sull'argomento, nonche' scritta in modo abbastanza chiaro (non sono io l'autore ne' lo conosco, ma a lui va tutta la mia stima per il modo che ha usato per spiegare le cose):
http://www.bocciu.com/documenti/tec/BATT...PIOMBO.htm
+++
in realta' mi accorgo solo ora di non aver risposto alla domanda iniziale: si', conviene sempre mettere fusibili sui fili (positivo o negativo non fa differenza, ma la prassi sarebbe metterli sul positivo). converrebbe metterli il piu' vicino possibile alla derivazione dell'alimentazione, cosi' si protegge il piu' lungo tratto di filo possibile.
un filo di rame di buona qualita' puo' portare continuativamente circa 6 ampère per millimetro quadrato di sezione. visto che abitualmente si usano fili da 0.75mmq, possiamo dire che e' ragionevole limitare il carico su un filo a 4 ampère continui.
il mio consiglio, a prescindere da cosa consuma lo strumento (quasi niente se e' un voltmetro) e' di mettere un fusibile da 10 ampère.
i motivi sono 3:
1. quelli da 10 ampère si usano in moltissime applicazioni e li trovi dappertutto, di qualsiasi dimensione (suggerirei di usare quelli di tipo automobilistico per motivi di reperibilita' o quelli in vetro 5x20mm perche' i portafusibili costano 2 soldi)
2. da 10 ampère o da 0.1 costano uguale, per cui non c'e' motivo economico a usarli di altra taglia
3. piu' il fusibile ha taglia piccola piu' si scalda anche durante l'uso normale, per essere pronto a bruciarsi qualora la corrente passi la soglia di rottura. qualsiasi cortocircuito su un filo da 0.75mmq brucia un fusibile da 1A tanto quanto uno da 10A e brucia il fusibile molto prima che il filo rischi di sciogliere l'isolante, per cui ha senso metterlo piu' grande per fare il minimo caldo inutile.
con le batterie c'ho a che fare piu' di quanto vorrei perche' di mestiere faccio carrelli elevatori e transpallet, fino a 14 tonnellate di portata (per ora...).
spero di essere stato utile.
gianni.