Caro Novecento, il nome scelto pari a quello del protagonista de 'Il pianista sull'oceano' spero sia precursore dei medesimi spazi liquidi del film, la tua scelta su che armo usare mi ha spinto ad iscrivermi al forum per commentare e darti qualche dritta. Ho terminato di recente il restauro di un gozzo sciallino di 4,75 metri in legno, del 1968. Il restauro è stato computo dal cantiere cecconi mare, del quale ti raccomando il sito,
Questo contenuto non e' visualizzabile da te Ospite. Se vuoi vederlo, REGISTRATI QUI . . Io ho collaborato in misura minore per la qualità del lavoro, ma per la quantità ti assicuro che mi sono dato da fare parecchio. La barca è stata rimessa con la vela latina, e qui si arriva al dunque. La vela latina trovo che sia molto efficente una volta issata ed in andatura, barca in assetto e via, per il resto ti assicuro che è molto scomoda da maneggiare, hai l'intero armo che scende in coperta con una vela che non puoi terzarolare in nessun modo e che inizia a fileggiare ed a sbattere pericolosamente nell'istante in cui la laschi, all'estremita della bugna la scotta randa gira sempre poi attorno ad un bellissimo bozzello in mogano con tanto grillo in ottone, che quando la vela è a segno è una meraviglia a vedersi ed a regolarsi, ma che quando si agita e nelle pieghe della vela non lo vedi diventa un arma micidiale. L'inerzia dell'antenna, praticamente il picco sul quale la vela è inferita, o meglio dire legata, come sugli optimist, ha molta inerzia, diviene stabile solo quando è completamente issata e la trozza la tiene al suo posto stretta contro l'albero. La trozza altro non è che un cappio rinviato a base d'albero con un bozzello che strozza un collo attorno ad una specie di redancia, e fa aderire l'antenna a quella parte di albero che deve essere appositamente rivestita in cuoio. Ma fino aquel momento rimane un palo di sei o sette od anche otto metri, dipende dalla lunghezza della barca, che sbatte. All'ormeggio non cambia nulla, la trozza deve essere a segno, la lunghezza dell'antenna non ti consente la minima distrazione in maovra perchè se molli la drizza che issa l'antenna a riva contemporaneamente devi mollare il bilancino, una drizza che sale in testa d'albero e che poi va ala vare dell'antenna, in equal misura devi badare anche alle mure, la destra e la sinistra, che sono due scotte che dalla base dell'antenna vanno ai lati della barca, approssimativamente al traverso dell'albero, e poi vengono rinviati a poppa ciascuno con il suo bozzello. La tenzione della mure fa spostare la base della vela a destra od a sinistra, a seconda di come le regoli, toccare l'una vuol dire dover toccare anche l'altra quindi, ed ogni volta che laschi o cazzi in modo importante devi pensare anche a loro. L'albero è stato fabbricato in Emlock, una conifera americana, così come l'antenna, devi provvdere ad un foro adeguato e ben solido in coperta, così come la scassa deve essere in chiglia e con la possibilità di inserire spessori per regolare il centro velico. La mia è una barca di quasi 5 metri, l'albero è 5 metri scarsi, l'antenna è di sette metri, la vela risultante è di poco più di 11mq. Non è tantissimo, Roberto Cecconi, espertissimo in merito mi ha assicurato che potrebbe avere una vela ben più grande, ma ti assicuro che con 10 nodi di vento sei al limite per maneggiarla da solo, quando issi e quando ammaini devi dedicare totalmente la tua atenzione alla vela e devi assicurarti di avere spazio attorno, l'ammainata prevede tu stia in piedi e farlo a bassa velocità da solo, con il motore che va ed il timone bloccato al centro non è uno scherzo, tutto va regolato con cura altrimenti l'antenna falcidia qualsiasi oggetto o persona ci sia attorno. Dopo mezza stagione fatta, sono andato in acqua tardi quest'anno, ho deciso che farò quindi due cose: la prima è di mantenere l'armo latino ma con una randa notevolmente più piccola, con 15 nodi di vento raffiche a 18, che non è un gran vento, ero già sconsigliato ad uscire, la seconda sarà di autocostruirmi un armo a dinghy, sulla cui presenza sui gozzi degli anni 60 ho diverse testimonianze.
La vela del dinghy dovrebbe avere due metri quadri in meno, un boma che raccogli anche con degli antiestetici lazy jack, ed un picco piccino e leggero, quando ammaini tutto resta raccolto, boma cazzato a centro barca e sei a posto. So bene non ci sia nulla che possa competere con l'aspetto di una vela latina, quando sono uscito a vela quest'estate la barca attirava gli sguardi di tutti, ma solo io sapevo quanto mi sentissi tra la vita e la morte...La seconda, anche su consiglio di Cecconi, sarà quella di aggiungere pani di ghisa in sentina, lato motore, su apposite selle di legno, almeno 25 kg per lato, munire la barra del timone di un elegante stick in mogano e delle cinghie per mettermi al peso quando sarò in mare da solo, esattamente come su di un dinghy, anche con un generoso entrobordo il peso non basta, la barca non è pontata e se metti il trincarino sotto sei finito, pensa anche a delle riserve di galleggiamento fissate a bordo, tipo i rulli gonfiabili che si isano per alare i piccoli gommoni in spiaggia, non si sa mai e nessun, nessun, nessun nodo o galloggia per tenere la scotta randa, un nodino astrappo che si sciolga immediatamente è quanto di più consentito, è un attimo credimi. Tieni conto che alla mia barca sono stai aggiunti per tutta la sua lunghezza ben 16 cm di chiglia, ora bolina bene ma quanto alle virate scordatele e fanne come se costassero 50 euro l'una. Il timone vecchio non va bene, va rifatto lungo, almeno 40/50 cm sotto la linea di chiglia,ed allungato all'indietro, come quello di una catboat. Amo molto la mia barca ed anche se ogni tanto fa imprecare credo che insisterò oltre ogni limite per perfezionarla, sono un pò come auto d'epoca, o per usare il paragone riuscitissimo del mio prodiere: come una doma, il cavallo all'inizio non va bene subito, mai. Nemmeno ora sono certo l'armo a dingy sia la soluzione migliore, ed è per questo che in parallelo farò, come consiglitomi da chi ne sa di più, una randa più piccola. Fammi sapere
Luca