Alla fine, come spesso succede, l’argomento si sviluppa su sofismi tecnici, una specie di gara a chi la fa più sottile, e la risposta alla domanda iniziale, spesso banale, si perde per strada.
Succede così che il meschinello che ha chiesto qualcosa sul come aprire una bottiglia di acqua minerale gasata senza levacapsule (cavatappi), si perde nelle spiegazioni che illustrano gli impianti di sintesi per l’anidride carbonica, da addizionare all’acqua, e dei relativi e raffinati impianti d’imbottigliamento (in sovrappressione di CO2) necessari a produrla.
Spezziamo una lancia a favore di chi, curioso, si è già forse pentito d’aver chiesto.
In linea generale i concetti riferiti ai motori ed alle loro vie d’acqua, ai relativi buchi nello scafo e validi per ogni applicazione, sono questi.
C’è un serbatoio che contiene gasolio, e del quale scriveremo un trattato in seguito, nel quale si presuppone la condizione ideale di gasolio pulito, senza morchie di serbatoio, e/o acqua.
C’è un tappo di carico, necessario all’immissione di gasolio nel serbatoio, che chiuso deve esser a tenuta stagna, si spera in posizione comoda (sul come caricare il gasolio in presenza di teck intorno diremo in altra dotta esposizione).
C’è uno sfiato, per permettere la fuoriuscita dell’aria in fase d’immissione del gasolio nel serbatoio, e per permettere l’ingresso dell’aria richiamata dall’aspirazione del gasolio necessario al funzionamento del motore.
Questo sfiato deve esser più alto possibile sulla linea di galleggiamento, esterno alla barca (no sentine, gavoni, cabine, eccetera), e prima di arrivare alla sua uscita deve fare una curva che arrivi più in alto possibile e sopra il foro di uscita, per contrastare l’accidentale ingresso di acqua, e ampia perché se no si pizzica e non passa aria.
Proseguendo con i buchi, facciamo il percorso inverso: di solito nelle descrizioni/istruzioni si parte dal motore e si va indietro verso l’esterno, in maniera tale che non risulta immediatamente intuitivo il fatto di avere dell’altra parte dell’acqua, la quale ansiosa di entrare, cerca tutti i modi possibili per farlo.
L’altro buco necessario è lo scarico in atmosfera dei gas esausti e dell’acqua che provvede al raffreddamento dei gas e del motore, esso avviene per mezzo di un passa scafo, a volte munito di una serrandina a paletta, e posizionato il più possibile sopra la linea di galleggiamento.
Il tubo che porta la miscela gas acqua, deve essere di tipo e materiale particolare, omologato per quell’uso e prima di arrivare al passa scafo di uscita deve fare anch’esso una bella curva ampia e che arrivi molto in alto: più in alto arriva, meno si rischia (vedremo poi cosa).
Bisogna fissare sempre bene le curve, nel loro punto più alto, per evitare che si possano muovere e scendere.
Questo tubo dall’altra parte è imboccato (fascette: sempre e abbondanti) sulla marmitta silenziatore.
La marmitta deve avere la capacità volumetrica minima di una volta e mezza il volume di tutto il tubo, calcolando questo volume dall’uscita del tubo dalla marmitta stessa e fino al passa scafo.
Calcolare, se esiste una marmitta adeguata e se c’è la possibilità/spazio per installarla, una volta e mezza il volume totale di tutti i tubi, dal riser al passa scafo, dà una maggiore sicurezza.
E’ complicato e non sempre è possibile, mettere su questi scarichi valvole rompi sifone, di fatto nessuno le mette; è altrettanto complicato e costoso mettere valvole di chiusura (possibili solo le serrande a paletta sul passa scafo), che dovrebbero essere di diametro enorme, pesanti e costose, di difficile azionamento e in posizioni strane, di conseguenza per forza di cose automatiche, diversamente sarebbero sempre dimenticate chiuse: il motore è soffocato, non parte, il tizio si agita e s’incavola, e prima di ricordarsi che si è dimenticata la valvola chiusa, ha fatto fischiare le orecchie a tutti i Santi del Paradiso.
Dal lato opposto all’uscita, nella marmitta entra anche il tubo che porta la miscela di gas combusti e acqua; questo tubo ha le medesime caratteristiche dell’altro, ma deve essere il più corto possibile, e s’innesta sul riser del motore.
Il riser, altro non è che una sorta di tubo incamiciato: nella parte interna passano i gas, nella camicia passa l’acqua del raffreddamento del motore.
Attraverso opportune aperture nella camicia, l’acqua di raffreddamento bagna i gas, raffreddandoli e portandoli a una temperatura tale da non danneggiare i tubi di espulsione.
Il riser è innestato sul collettore di scarico del motore, per questo motivo il riser deve essere sempre più alto del passa scafo di scarico.
Vi sono due diversi sistemi d’innesto: o all’uscita del collettore arrivano anche i condotti dell’acqua del raffreddamento, che fanno corpo unico col collettore, e allora il riser arriva nudo, o i condotti di espulsione dell’acqua sono separati e terminano con un innesto dal quale esce un tubo di gomma che porta l’acqua a un analogo innesto sul riser.
Nelle barche a vela sempre i gas di scarico sono raffreddati; non sono raffreddati i gas degli scarichi secchi, ma quelli sono un altro cinema.
I gas di scarico escono dal collettore a temperatura molto alta, se l’acqua non dovesse raffreddarli i gas di scarico, in pochi secondi, alzerebbero a dismisura la temperatura dei tubi, squagliandoli nella migliore delle ipotesi, incendiandoli nella peggiore; per ovviare a questo pericolo, oltre ai vari sistemi di spie e allarmi, si può montare sul tubo di scarico un termometro con allarme (ce ne sono di vari tipi), che avvisando permette di spegnere il motore prima del guaio.
Per completare il quadro, occorre parlare anche dell’ingresso dell’acqua di raffreddamento.
Più o meno sotto il motore, c’è un passa scafo, con la sua bella valvola, da questo si diparte un tubo, che porta al filtro dell’acqua in aspirazione; questo filtro va tenuto pulito, eccetera.
Dal filtro un altro tubo porta l’acqua filtrata alla pompa di aspirazione, quella con la girante (questa sconosciuta), e solitamente mossa dalla cinghia di trasmissione, la quale succhia l’acqua di raffreddamento.
In uscita dalla pompa, le installazioni più sofisticate, montano un filtro a maglie larghe con lo scopo, a guaio avvenuto, di fermare il trito di girante, il quale andrebbe a intasare i collettori di raffreddamento.
Qui si aprirebbe il discorso del raffreddamento diretto o indiretto, e che, proprio volendo, affronteremo in altra discettazione, essendo ininfluente la differenza su quanto stiamo trattando.
E’ essenziale che, prima di arrivare ai collettori il tubo che porta acqua faccia la solita curva, bella alta, in cima alla quale sia montata una curva rompi sifone.
La curva rompi sifone altro non è che una curva rigida sul colmo della quale è praticato un foro, con un collo e una ghiera filettata nella quale c’è una piccola membrana a becco d’oca, che ha lo scopo di lasciare entrare l’aria, impedendo l’uscita dell’acqua.
E’ il medesimo marchingegno che c’è sullo scarico dei cessi e procura più o meno gli stessi guai.
E’ un meccanismo semplicissimo, anche nella sua realizzazione, ma che non sempre funziona, a volte il pezzetto di gomma a becco d’oca s’impasta, a volte non si apre, altre volte non si chiude, qualcuno per pulirlo e controllarlo lo monta al contrario (il becco deve essere in giù), insomma, spesso dà dei piccoli fastidi: piccoli se ci si sta attenti.
Per evitare qualche fastidio si può anche togliere la valvolina di gomma e, con un piccolo tubo, portare lo sfiato a murata, sempre facendogli fare prima un bel collo d’oca alto: così a pompa in funzione si vede un piccolo zampillo, a garanzia che l’acqua stia circolando.
Il perché di tutti questi rompi sifone è presto detto: per il principio dei vasi comunicanti, in condotti di qualunque tipo, purché siano comunicanti tra loro, un liquido tende ad assumere il medesimo livello in tutte le diramazioni; ne consegue che, essendo molte cose nelle barche generalmente sotto il galleggiamento, dalle prese a mare l’acqua tende a eguagliare i due livelli: quindi entra fin che ce n’è.
Questo è il motivo degli annegamenti dei motori montati (male e peggio manovrati
) sotto il galleggiamento, e dell’affondamento da cesso: un classico della letteratura nautica.
Chiarito da dove entra, dove va e da dove esce l’acqua nel motore, vediamo perché, a volte, va anche dove non dovrebbe andare, il perché non ci dovrebbe andare mi pare ovvio.
Il punto di miscelazione tra acqua e gas di scarico è l’anello debole della catena e la porta d’ingresso dell’acqua (indesiderata) nel motore.
Il guaio avviene sempre perché il complessivo marmitta tubi si riempie d’acqua fino al livello superiore del riser.
A questo punto l’acqua entra nei collettori di scarico e da lì, vedremo come, va a spasso per il motore.
Come si riempie? Eh in molti più modi di quanto s’immagini.
Per esempio alcune situazioni frequenti.
Il tutto è stato pensato, o calcolato, o installato, o modificato (te le taglio quelle mani
), o manutenuto male, e questo è il caso più frequente.
Facendo una lunga navigazione a vela e motore spento, con mare in poppa e valvola d’ingresso dell’acqua di raffreddamento aperta, se le onde spingono sulla poppa e c’è poca contropressione nel circuito di scarico, perché quel po’ di aria che dovrebbe fare da tappo, alla lunga, si stanca di farlo l’acqua riempie marmitta, tubi, eccetera.
Analogamente se si naviga sempre a vela e con motore spento sbandati (ma a volte anche dritti), nella conchiglia della presa a mare del raffreddamento si crea un’aspirazione, dovuta alla velocità dell’acqua e se, anche lo scarico e sommerso, l’acqua viene risucchiata.
Per ovviare a ciò basta chiudere la presa a mare.
Insistendo col motorino di avviamento, quando il motore non parte, la pompa aspira acqua, questa pompa, anche se gira piano, ha una notevole portata e succhia un bel po’ d’acqua, la quale va nei collettori di raffreddamento, da lì nel riser, scendendo poi nella marmitta e riempiendo tutto il circuito, perché non è sufficiente l’aria pompata dai cilindri (senza scoppio) per creare la contropressione necessaria a espellere l’acqua dallo scarico.
Va detto anche che non sempre è così: a volte la configurazione del motore, tende a limitare questo inconveniente, molto spesso la batteria muore prima che succeda, altre volte il buon senso dell’operatore lo fa desistere, facendogli cercare, prima di riprovarci, la causa della defaillance; insomma, non sempre succede, ma basta una volta.
Riempito, per qualunque motivo il complessivo di scarico, l’acqua, animata spesso di vita propria, girovaga qua e là, entrando nel collettore di scarico e riempiendolo.
La prima valvola aperta che trova entra riempiendo il cilindro.
Per farla breve e dare delle motivazioni banali ma attinenti alla realtà, bisogna considerare che,
in un quattro cilindri, ogni pistone è spostato di mezzo giro rispetto all’altro;
in un motore diesel si raggiungono pressioni di oltre 400 atmosfere (oltre 1.200 nell’iniezione diretta) e temperature di 400/600 gradi;
le fasce elastiche raschiano l’olio, facendo ricadere l’eccesso che vela il cilindro nella coppa.
Ne consegue che,
è possibile che vi siano, in un dato istante, due valvole socchiuse;
è possibile che si verifichi lo scoppio in un cilindro e che nell’altro, essendoci acqua incomprimibile, si stortino le bielle o ceda il pistone;
è possibile che insieme all’olio, le fasce raschino l’acqua, facendola ricadere nella coppa.
In più, insistendo col far girare il motore morto, è facile che l’acqua, se pur quella poca che resta nella camera di scoppio, passi da un collettore all’altro, e il motore aspiri dallo scarico e scarichi dall’aspirazione, non essendoci nessun flusso avviato.
Molti motori hanno lo sfiato per il recupero dei vapori d’olio che va dalla coppa al collettore d’aspirazione: strada facile da fare al contrario.
E’ anche possibile che, se poca, l’acqua vaporizzi per la temperatura, condensi in fase di scarico e sia raschiata dalle fasce finendo nella coppa.
C’è anche da considerare che avendo insistito un minuto con il motorino d’avviamento, il motore ha già fatto più di 300 giri.
E poi, l’acqua è tenace, ha pazienza, persevera, e, basta darle tempo, e si dimostra più furba di molti armatori.
Insomma, quand’anche tutte le cose dette fin qui fossero fesserie, resta il fatto che l’acqua nel motore la ci si trova, si riesce benissimo a farcela andare, i motori che girano con dentro acqua si spaccano, qualche barca è affondata perché l’acqua passava dal motore.
Un motivo ci sarà.