Citazione:RMV2605D ha scritto:
Checche ne dicano le sacre regole, legare con la sagola regolamentare, da 30 m, l'anulare serve solo a portarlo via al naufrago, prima che possa afferrarla.
Una barca a vela non ha i freni a disco ed è difficile bloccarsi in 30 m, meglio lanciare subito l'anulare, con legata la boetta luminosa e basta, il naufrago può raggiungere l'anulare e attendere che la barca manovri e ritorni, facilitata dall'anulare, più visibile di una testa tra le onde o dalla luce della boetta, se di notte.
Poi per il recupero và bene un altro salvagente a stola con una cima galleggiante trainata a poppa con cui si gira attorno al naufrago e con cui si può issarlo fino a bordo.
Concordo, per quel che vale la mia opinione.
Il tutto legato alla barca, sarebbe valido solo nel caso in cui, nei trenta metri d’imbando, si riuscisse a fermare la barca, intendendola ferma sull’acqua e senza abbrivio (o abbrivo) alcuno.
In trenta metri non si ferma una barca a remi, figuriamoci una sotto vela.
Quindi filare fuori bordo subito tutto ciò che può segnalare la scia del malcapitato, posto che naufrago, boe, parabordi e tutto ciò che si fila fuori bordo, seguono la medesima scia, quasi alla stessa velocità, serve ad avere, per lo meno, un'indicazione per ritornare sui propri passi.
Meglio di tutti: asta ior+cima galleggiante+salvagente, a seguire altre cose galleggianti.
Bene anche: boetta+sagolino+anulare+cima galleggiante e altro.
Mai nulla legato alla barca, solo la cintura di sicurezza va legata alla barca, perché nei pochi secondi necessari a quei trenta/quaranta metri di boetta, cima, anulare per filare fuori bordo, solo Mandrake riesce a prenderli.
Quand’anche li prendesse, non riuscendo a infilarsi la ciambella (provare a farlo con la cerata addosso, per credere), la forza dell'abbrivio, se non è più forte della forza della disperazione, glie la strapperebbe di mano.
Non parliamo nemmeno del caso che il tipo sia nel panico o, peggio svenuto.
E’ il naufrago che, se gli riesce, si aggrapperà a qualcosa, fermo nell’acqua come lui.
Nella peggiore delle ipotesi, la luce della boetta, di notte, la scia delle cose, di giorno, serviranno a capire dove si deve andare a riprendere il tipo.
Avere al traino cima, boetta e anulare serve solo a capire le proprie evoluzioni, perché il tutto seguirebbe la barca infischiandosene del poveraccio a mare.
Aggiungo che mi sembra che pochi abbiano l’idea di cosa voglia dire manovrare con gli strascichi a mare, che galleggianti o no, s’impigliano dappertutto.
Già cadendo fuori bordo con la cintura legata alla barca, se non si riesce a risalire in fretta (e per farlo da soli bisogna avere un fisico da olimpiade e una fortuna sfacciata) si rischia seriamente di annegare, perché si racconta di gente spogliata da chi tentava di tirarla su senza riuscirci.
Benissimo, allora, un secondo salvagente a stola, o una bretella a cappio, quelli sì saldamente fissata alla barca, con i quali imbragare il tipo, e spesso per farlo qualcuno deve scendere in acqua a dare una mano; dopo di che tipo e soccorritore andranno issati a bordo.
Conseguenza di ciò dovrebbe essere che si fanno delle prove per stabilire da che banda e come issare qualcosa o qualcuno a bordo, con che ausili (boma, drizza) e, se soli, si lascia la scaletta (anche solo quella di corda) sempre fuori bordo.