(02-02-2017 09:30)umeghu Ha scritto: ....
POI le cose evolvono ed oggi è pacificamente accettato passascafo e valvole in plastica caricata (che NON è banale politene).
Quindi, costi e ingombri a parte, non c'è dubbio che OGGI le soluzioni in materiali sintetici siano da preferire; anche perchè di ottone marino (ed anche in alcuni casi di bronzo) c'è solo una etichetta che lo certifica, essendo di provenienza cinese (luogo dove le certificazioni sono considerate come un "accessorio" (leggi disegnino) che quei diavoli bianchi degli occidentali pretendono.
Si, le valvole accettate (omologate o rientranti nelle specifiche CE per la costruzione) sono "caricate" ovvero contengono fibre di materiale solitamente vetroso a rinforzo strutturale e sono realizzate con materiale plastico che non "cristallizza" alle basse temperature (provate a mettere nel congelatore un oggetto in polipropilene e poi a gettarlo per terra: normalmente si frantuma) e che non diviene cedevole alle alte (il polietilene tende a divenire "elastico" e esprime piu' fortemente le sua cerosita').
I produttori di tali valvole che hanno certificato il loro prodotto per impiego marino fra quelli che conosco sono solo un paio al mondo (forse ne esistono altri ma non ne sono a conoscenza). Si tratta di prodotti molto resistenti, un po' troppo cari per quello che sono ma va considerato il basso volume commerciabile (e il fatto che sia roba "nautica"), la lunga durata ne compensa certamente il costo e, secondo me, sarebbe opportuno che i cantieri si orientassero in tal senso alla prima installazione (alla seconda installazione va valutato anche il costo per la sostituzione del passascafo che deve essere in plastica anche lui per non inficiare il risultato dell'operazione).
Ci sono comunque valvole progettate per l'impiego in condizioni ben piu' gravose (impianti chimici) di gran lunga piu' resistenti (in certe installazioni un guasto fa rischiare la vita) e con certificazioni certamente utilizzabili per farle accettare all'impiego nautico ma cio' vorrebbe dire affrontare un iter burocratico fastidioso e tanto vale utilizzare cio' che e' gia' stato accettato e omologato.
I "diavoli bianchi occidentali" sono spesso proprio loro i responsabili del fatto che "c'è solo una etichetta che lo certifica" perche' l'importatore invece di fare controlli (almeno saltuari) si accontenta di un pezzo di carta convinto con questo di poter scaricare la colpa sul produttore extracomunitario dimenticando che la norma europea ritiene come principale responsabile della qualita' e rispondenza di un prodotto colui che lo immette nel mercato comunitario (produttore o importatore non interessa) che DEVE essere nominalmente identificabile e sito nel territorio della comunita'.