Non riesco a seguire i tecnicismi che stanno (giustamente) dietro a questi splendidi prodotti, o meglio, non riesco a farmi un'idea mia dei RISULTATI che produrrebbero. E' chiaro che per farlo dovrei avere una esperienza incrociata e condivisa con altri del settore che non ho. Quindi seguo con difficoltà i gentili interventi degli esperti che cercano di spiegarmi, ma da buon concretizzatore, metterei il bue davanti al carro, cioè partirei dal risultato che si desidera ottenere, e poi, se mai, cercare di comprendere il perchè per esigenza intellettiva. Io parto da un (PRESUNTO) postulato (che se è sbagliato lui, va tutto a ramengo come in ogni buona logica): il "banale" Dacron di buona qualità tagliato "bene" per la barca è ottimo, sia per prestazioni che per robustezza e resistenza. Tra l'altro costa anche meno.
Ha un solo problema: ad un certo rapporto pressione/tempo, cede, e non torna alla forma originale. Poichè il rapporto è relativamente basso, in poco tempo ti trovi una vela durevolissima in termini di integrità fisica, ma decisamente poco performante, che con vento ti sdraia la barca senza farla camminare, perchè ha del grasso che non riesci a togliere, e per di più ce l'ha nel posto sbagliato.
Ergo parte la ricerca di un materiale/taglio che ceda il meno possibile mantenendo per più tempo possibile la forma. A quanto sembra, i materiali che garantiscono via via a salire questa caratteristica, pagano di converso una maggior vulnerabilità a sbattimenti, UV, piegature, abrasioni, etc.
Quello che cerco di costruirmi nella testa è una sorta di grafico, con in ascissa la tenuta di forma ed in ordinata la resistenza agli agenti esterni, in modo da mettere il pallino sul "giusto" COMPROMESSO, che per un "crocierista-veloce" in questo grafico sarà collocato a seconda dell'andamento di queste curve.
Suppongo che la tenuta di forma salga repentinamente dal dacron ai primi step di tessuto via via più tecnologico, per poi appiattirsi (rendimenti decrescenti), mentre la resistenza oggettiva scenderà prima lentamente per poi scendere drasticamente sui tessuti "estremi" (anche per le maggiori aspettative che l'utente di quelle vele ripone in esse).
Al "crocierista-veloce" non interessa l'estrema porzione di prestazioni, quella che per un +5% richiede un costo del +30% e una caduta di robustezza del -40%, ma di certo non vuole scadere sotto certe prestazioni, anche a costo di spendere un terzo in più del dacron e dover avere un minimo di riguardo per le vele (che però non laverà e disarmerà ad ogni uscita).
L'ideale sarebbe una vela in cui la presunta tenuta di forma è grosso modo analoga alla resistenza oggettiva, perchè quando la vela perde la forma, non ha alcun interesse che sia ancora integra, se non per metterla su d'inverno.
Nel disegnaccio che allego, ho INVENTATO delle ipotesi e le ho messe in grafico. SE queste ipotesi fossero ragionevoli, la vela giusta sarebbe l'Hybrid (è un esempio...)
Ora, se è chiaro che è molto difficile quantificare la robustezza (troppe variabili: posti ventosi, poche cure, etc.) in assoluto, è però possibile quantificarla in termini relativi ed approssimativi. Per le prestazioni invece so che esse sono misurabili e misurate, in genere i velai sanno quanto e in quanto cedono le loro vele. Ammazza che pippe.
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 28-09-2020 23:05 da jacques-2.)
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